Ucronia di Emmanuel Carrère

Ucronia: la tesi di laurea di Emmanuel Carrére

Nel romanzo di Sarban “Il richiamo del corno“, un ufficiale della Marina britannica sperimenta l’incubo di risvegliarsi in un mondo nazificato, dove i prigionieri-schiavi sono selvaggina per la caccia di un feroce sovrano: un’allarmante rappresentazione della storia come avrebbe potuto svolgersi – o ucronia, come l’ha definita nel 1876 Charles Renouvier.

Che nasca dal rimpianto o dalla ribellione, da un credo filosofico-religioso o dall’attrazione per gli infiniti possibili, ogni opera ucronica è destinata a falcidiare certezze, a dinamitare la nostra visione del mondo, giacché insinua il dubbio che la storia sia un gigantesco trompel’œil e che anche la più confortante realtà possa di colpo vacillare, spalancando abissi angosciosi.

A questo sovversivo genere letterario, cui lo lega una tenace passione, Emmanuel Carrère ha dedicato una seducente riflessione che, oltre a ripercorrerne le tappe salienti, ne addita le sconcertanti implicazioni: i regimi totalitari non hanno del resto adottato la tecnica ucronica per imporre una storia controfattuale?

Ma c’è di più: proprio quando sembra rivestire i panni del teorico sottile e distaccato, Carrère ci trascina nel laboratorio da cui sono nati “I baffi” e “L’Avversario“, dove vite parallele e alternative sgretolano quella fragile costruzione che è la nostra identità.

E ci svela che, dalle più innocenti rêverie retrospettive fino alle devianze che sogniamo o paventiamo, l’ucronia è sempre dentro di noi.

Se è vero che non bisogna cercare nella tesi di laurea di Emmanuel Carrére – tale è infatti Ucronia – la maturità e lo stile del romanziere maturo, è anche indubitabilmente vero, però, che vi è la tentazione di rintracciare spunti, semi della poetica del grande scrittore francese in questo suo esordio nel mondo accademico. Non solo vi è la tentazione, ma essa è anche supportata da un modo originale, direi “dissacrante”, di leggere la Storia.

Chi l’ha detto che la Storia non si scrive con i “se” e con i “ma”? Emmanuel Carrère ci invita a partecipare ad un gioco: correggere la Storia.

«Annullare ciò che è stato, rimpiazzarlo con ciò che avrebbe dovuto essere (se, in nome di un saldo convincimento, ci assumiamo la responsabilità di dare lezioni alla Provvidenza), con ciò che avrebbe potuto essere (se ci limitiamo a sperimentare un’ipotesi astratta, senza partigianeria).» (p. 12)

Mentre l’utopia – molto più frequentata da filosofi e politici dell’Occidente – vuole cambiare il mondo in nome di un progetto futuro, l’ucronia vuole cambiare il passato. Ciò rende l’ucronia più paradossale e, potenzialmente, inconcludente. Tuttavia Emmanuel Carrère ripercorre le varie declinazioni, non solo in senso storiografico ma soprattutto in nodi concettuali, che sono state date del metodo ucronico.

Ucronia - ilRecensore.it

Intanto nella narrazione. Qualsiasi romanzo storico, nel momento in cui inserisce personaggi inventati in una storia agita da personaggi reali, cede alla tentazione di riscrivere il passato. Da Guerra e pace, a Il rosso e il nero, a I miserabili, girovaghiamo in universi ucronici nel momento in cui ci aggiriamo in un universo in cui coesistono personaggi irreali quali Andreij Bolkonskij, Julien Sorel e Jean Valjean e Napoleone Bonaparte. Alexandre Dumas, addirittura, avrebbe potuto segnare un punto definitivo nella storia dell’ucronia, se avesse deciso ne Il visconte di Bragelonne che il fratello gemello del sovrano avesse definitivamente sostituito Luigi XIV. 

Un altro utilizzo del modelo ucronico è quello fatto dai regimi totalitari, che dando prova di un’audacia superiore a quella finora trattata, creano ucronia mistificando il passato, cancellando sconfitte o ideologie contrarie alla propria.  Una battuta spesso usata in Unione Sovietica è che non era difficile prevedere il futuro, ma il passato. Battuta che stava ad indicare la malleabilità della scrittura e della conservazione della storia.

L’ultima applicazione dell’ucronia di cui ci parla il saggio di Carrère è quello più interessante e fecondo dal punto di vista epistemologico: ucronia significa soprattutto togliere il concetto di necessità dagli accadimenti storici.

«Non si può, è chiaro, far sì che non sia stato ciò che è stato punto in compenso si può, senza destare scandalo e senza bisogno di prove, sostenere che ciò che è stato sarebbe potuto andare diversamente, che prima di tradursi in atto l’avvenimento esisteva in un numero quasi infinito di forme virtuali e che ognuna di quelle forme avrebbe potuto benissimo avere la meglio». (p. 98)

Se la prima tappa del ragionamento ucronico portava all’alterazione del passato, la seconda invece porta l’alterazione delle conseguenze, a ragionare sulla possibilità.

In entrambi i casi l’ucronista ragiona mosso da secondi fini. Infatti ogni ucronia è una storia governata dal desiderio, ossia dalla volontà di chi la scrive di modellare l’accaduto in base alla sua idea di realtà

Emmanuel Carrère mostra già in questa tesi di laurea una grande capacità epistemologica e inventiva nell’affrontare un argomento per nulla semplice. Ragionare sull’ucronia serve anche a ripensare il metodo storico, soprattutto quello che crede che la storia sia giustificazione di ciò che è stato. Non si è storici, in realtà, se non si avverte – come sosteneva Paul Veyne – attorno alla storia che si realmente verificata una moltitudine indefinite di storie compossibili, di cose che avrebbero potuto andare altrimenti.

Questa, a mio avviso, è la parte epistemologicamente più importante del saggio di Carrère, perché l’ucronia, messe da parte le tentazioni totalitarie oppure le derive fantascientifiche, ha la funzione di un lume messo per ricordare allo storico momento dopo momento il ruolo del caso, il brulichio delle storie virtuali.

L’ucronia, conclude Carrère, non è uno specchio laterale della storia; tuttalpiù è una scheggia di vetro opaco caduto in un terreno abbandonato. L’ucronia è un gioco che può essere giocato sia partendo dalla storia universale o da un qualsiasi momento della propria vita.

Tuttavia, conclude Carrère in una nota finale, bisognerebbe allontanarsi da essa, dagli universi paralleli e dal rimpianto e avventurarsi nel territorio della realtà.

Emmanuel Carrère d’Encausse (Parigi, 1957) è uno scrittore, sceneggiatore e regista francese. Inizia a lavorare come giornalista, formazione che darà l’imprinting al suo modo di intendere la scrittura, troverà il successo come romanziere nel 1991 con L’avversario, cui seguiranno Limonov, La settimana bianca, V13, Yoga, solo per citare alcuni dei suoi titoli più noti. Tra i temi ricorrenti l’intreccio tra personaggi e vicende reali, analizzate spesso con il piglio del cronista, e la biografia dell’autore, attraverso uno stile eclettico e un io narrante confidenziale, che è diventato l’emblema della sua narrativa.

Recensione a cura di Deborah Donato

Autore

  • Deborah Donato

    Laureata in filosofia, ha pubblicato testi su Wittgenstein, la cultura viennese di inizio Novecento, e ha tradotto testi di Hegel e Schrödinger. Appassionata di letteratura russa e fanatica proustiana, è attualmente insegnante, critica e lettrice accanita.

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