Tuiù
Non ci sono giorni brutti e giorni brutti, ci sono i giorni brutti e naturalmente i giorni brutti, che poi a guardarli per benino sono giorni brutti, ma brutti anche loro. In definitiva ci son giorni che passano, passano, e a volte si ha voglia di farla finita - e a volte anche. I giorni, si sa, son tutti un po' indipendenti tra loro, che ci son giorni bruttini e giorni che insomma l'ho già detto, e sta anche male ridignelo. Allora dico io buttiamoci sulle notti, sui botti di cocaina, sulle pastiglie che son meraviglie d'altri tempi, esempi di benessere artificiale come l'interno del maiale, come le scale ripide e schifide di sudicio vecchio, di mota appiccicata sotto le suole, sotto le scuole di San Felice, sopra la Cooppe, tramezzo allo Spin e al fontanello dell'acqua gratis del Comune. Ma sedendo e rimirando parlo con Armando, che andando tenendo provando riuscendo e anche Fandango - guarda tutto questo fango quanto ne rimango e piango, come gli usignoli di notte, le botte, i rimbrotti, i cocci rotti, o rutti in assoluta libertà. Devo una beccaccia ad Asclepio. Spennata.
BREVENOTIZIACIRCAPENETRAZIONECAMORRA
C’è bisogno di qualcuno che lo dica, che i morti di Capaci, di Via d’Amelio, che Peppino Impastato l’hanno scarnito come Pasolini, come Feltrinelli, come Pier Santi Mattarella: e poi il cuore di Raffaele Cutolo, a morsi, crudo. Nemmeno le cipolle, alla veneziana. Vogliono, le lavatrici di denari sporchi di cocaina lercia, fili da tender panni al sole tiepido, che asciughi in silenzio, senza questioni di finanza. di DIA, e anche cetera. Vogliono attività pulite, di introiti e contributi, assistenziali e oltre. Non sto parlando di Volterra, figuriamoci. Assolutamente no.
Nemmeno ci penso.
SCOPPIO D’OPPIO
Ho deciso che faccio finta di nulla sempre, anzi più che sempre, direi Disempre, o Novempre – Ottompre e Settempre non li dico per via delle multe che girano sulla Rete, sul Retone, ma più che altro sul Retino. E’ Odio quel che provo, ma nel mio caso trattandosi sul chi valà direi l’Odiota, l’Odiomerda, e basta, basta con queste tristezze, che non ci si fa più, che si arriva si e no al mercoledì, e poi Hops, un saltino e si passa al lunedì dopo, doppo, doppio, d’oppio – ho deciso che potrei uccidervi tutti, o tutti meno sette, si, nani. Basta, per ogi bazta. Chioso.
VOTANTONIOREZZA
Le scale di casa mia son trentasette, piuttosto ripidine, che quando si arriva al pianerottolo si patisce un fiatone mezzano piuttosto arcigno. Non sarebbero nulla, le scale, se non ci fosse ogni volta da cercare il mazzo delle chiavi in almeno cinque, sei, sette, otto tasche diverse. Ora non sto qui ad enumerare tasche e taschine, però credetemi: a volte la vita è durissima – a volte, per dire, le chiavi rimangono nella toppa, e un figlio non pulito dietro, di turisti di lì passanti, le ruba e ci gioca tirandole al cane nella fogna più vicina. Oppure le tasche del giaccone sono strappate dentro, e le chiavi finiscono dietro, tra le mutande e la maglietta della salute. E le due casse di acqua minerale non se lo sognano nemmeno di alleggerirsi autonomamente, no: anzi, vieppesano di più in più. E allora, bambini, già che la vita non sempre si rivolge a noi in maniera gentile e onesta, vedete di smetterla di votare Santanchè – o Gasparri: fate come me, votate Giordano Bruno. Oppure che ne so: Antonio Rezza.
Smetti con Huysmans.
Ho smesso di mangiare le castagne ormai da sette mesi. Sette mesi e qualcosa, qualche giorno. E infatti sto meglio, ho meno bucce tra i denti – magari mi è cascato un orecchio (il sinistro) ma le cose vanno decisamente meglio. Ho un istrice intorno al collo, per compagnia: per la solitudine un istrice è la miglior soluzione, anche in quei giovedì che, guarda, non ne parliamo. Il giovedì è davvero terribile, infatti io lo chiamo Mario, il giovedì, e Mario lo chiamo invece Giulio. Ho indovinato tante volte i chicchi di riso, di soia, di farina gialla – e la farina gialla, credetemi, è davvero difficile. In quanto a ideologia mi rifaccio a Frankenhausen, alla strage degli Anabattisti – ma a volte mi lascio andare al Burraco, che è meno irsuto. Ho comprato due mazzi di cardi che li faccio lessi e poi NATURALMENTE li mangio.
E poi porto fuori il cane, come tutte le sere.
NONFINITO
Guardo le vostre foto, bellissime d’intenti e d’emozioni, sapide di sentimenti, roride d’algida affezione – le guardo, le vostre foto dei figli, del mare, degli alberi millenari, di rovine medievali, di centri storici, di pitture epiche, straordinarie e innovative al tempo loro, come lamine d’oro sul fondo delle pitture senesi su legno, come le forme non finite di Michelagnolo, la Pietà Rondanini, gli Schiavi Prigioni. Le guardo, le vostre foto, le guardo. E mi sembra che manchi qualcosa, mancan le mie, di foto, di tagli vertiginosi e innovativi, di ritratti d’amore, di ansia e costumanza. Non le guardo più le vostre foto, e nemmeno le mie. Non guardo nemmeno la TV, nemmeno il cine, nemmeno il teatro, e non leggo libri, e per l’amor di dio figuriamoci se ne scrivo. Al massimo ritaglio l’etichetta della Sambuca Molinari: prosa d’arte. La Sambuca Ramazzotti invece è Art Brut. Olé.