Triste tigre è il titolo che segna una svolta nella narrazione del Male.
“ Con questo libro io mi espongo al punto tale che gli uomini e le donne che lo leggeranno vi possono attingere particelle di pensiero che useranno poi al di fuori del contesto di partenza. Le mie affermazioni verranno interpretate, deformate, delirate. Si mescoleranno ad altre idee.”
NEIGE SINNO – Triste Tigre
Il caso letterario europeo del momento.
Neige doveva avere sette anni, forse nove, quando il suo patrigno ha cominciato ad abusare di lei.
Vent’anni dopo, Neige trova la forza di raccontare ciò che le è capitato.
Sono le H11.45, il sole batte sul piazzale tra il Padiglione e l’Oval e fa caldo.
La Sala Bianca è relativamente piccola, circondata completamente da vetrate e quando entriamo l’aria è soffocante, ma c’è Daria Bignardi ad attenderci, esortando i lettori a occupare tutte le sedie a disposizione, perché è allergica ai posti vuoti.
Inutile negarlo: tanti sono lì per Daria, ignorando la scrittrice che andrà a presentare.
Accanto a lei una donna alta, magra, abbigliamento semplice, lieve è il suo modo di occupare lo spazio, quasi a voler evaporare.
Lei è Neige Sinno, poche ore prima di scoprire di aver vinto il Premio Strega europeo.
47 anni, un’infanzia scandita dagli abusi del patrigno, ora vive in Messico con il compagno e la figlia, scrive, insegna all’Università, traduce e sopravvive.
“ Un abuso sessuale su un bambino non è una dura prova, un incidente della vita, è un’umiliazione profonda e sistematica che distrugge le fondamenta stesse dell’essere. Quando si è vittime una volta, si è vittime sempre. E soprattutto si è vittime per sempre. Anche quando se ne viene fuori, non se ne viene fuori davvero”
Come parlare di Triste tigre senza sentire un brivido? In che modo riportare la destrutturazione del pensiero che Neige pretende dal lettore? Come descrivere un memoir che racconta una violenza da cui non ci si salva?
Daria Bignardi presenta Neige Sinno, con tutta la delicatezza di cui è capace, introduce il libro e pone le domande giuste, quelle che non mettono in imbarazzo.
Neige parla un francese limpido, fruibile, tesa a evitare parole ambigue.
«C’è stato un momento in cui non potevo più far finta di nulla, dovevo scrivere questo libro, anche se non volevo, cercando di rispettare chi ha vissuto questa violenza»
Il rispetto, l’attenzione nei confronti degli altri e soprattutto del lettore, è presente in ogni pagina: «è un libro fatto per i lettori forti, proprio perché vi sono diversi piani di lettura»
«Normalmente, quando scrivo, non penso al lettore, ma per questo libro ci ho pensato fin dall’inizio. Mi sono chiesta: come posso proteggerlo? Trovo che sia un bene che ci siano libri forti, violenti, ma io volevo suscitare una riflessione, quindi ho cercato un equilibrio tra le due cose.»
L’estetica narrativa è sempre al centro delle intenzioni di Neige Sinno, che scrive scusandosi, cita episodi che detesta, vorrebbe intensamente usare un altro pronome, ma è costretta ad usare la prima persona.
Non è una storia morbosa, non c’è l’estetizzazione della violenza, non ci sono dettagli, non ci sono risposte, ma Triste Tigre pone tante domande e lo fa in un dialogo aperto con il lettore, con la letteratura, con le diverse identità in cui si è frammentata Neige, con lucida consapevolezza e con la tenace volontà di ricomporre la propria essenza: «la dominazione sessuale è una forma di sottomissione che intacca le fondamenta stesse dell’essere».
La letteratura è al centro dell’universo distopico dell’autrice.
I libri e lo studio sono stati il balsamo per una vita in costante pericolo, il luogo sicuro dove rifugiarsi: «ho imparato a pensare la violenza nei romanzi sulla schiavitù, sulla Shoah, sulla guerra d’Algeria».
Ma la letteratura non è stata in alcun modo terapeutica: «neppure attraverso l’arte si può uscire vincitori dall’abiezione. La letteratura non mi ha salvata. Io non sono salva»
Non solo, Neige prova ribrezzo nei confronti della scrittura come esperienza curativa, «la scrittura è un modo di fare arte e di comunicare» e allora i libri diventano il terreno su cui ricostruire schegge di una identità evanescente, rispecchiandosi nei mille volti dei personaggi letterari.
Da Annie Ernaux, a Goliarda Sapienza, da Faulkner a Wallace, ognuno ha un tassello, una piccola chiave del suo mondo e la piccola Lolita di Nabokov diventa l’eroina a cui dare voce, presenza, giustizia.
Come Humbert Humbert…“ora voglio che i miei dotti lettori partecipino alla scena che mi accingo a rappresentare…e vedano con i loro occhi quanto prudente, quanto casto si riveli questo melato episodio…”, anche Neige parla al lettore, ma il punto di vista è nettamente opposto.
Triste tigre è la voce delle vittime, di tutte le Lolita del mondo che non hanno potuto parlare, è la decostruzione della Tigre, contrapposta all’Agnello, è la rivendicazione della propria identità, impadronendosi della scena che è stata dominata dallo stupratore, da quel Humbert che scontati 5 anni di carcere, si è rifatto una vita e una famiglia, quando avrebbe solo meritato un giusto suicidio.
La salvezza le è negata, l’innocenza ha per Neige un significato incomprensibile, dice spesso di essere “costituita” di tutto ciò che l’ha vista crescere dai 9 ai 14 anni: menzogna, abuso, stupro, dissimulazione, silenzio, terrore, schifo, sporco…è e sarà per sempre damaged for life.
“ L’importante non è ciò che hanno fatto di noi, ma quel che facciamo noi stessi di ciò che hanno fatto di noi ”
Sartre
Neige Sinno non chiede empatia, commiserazione, pena, il suo non è un grido d’aiuto, ma piuttosto un viaggio ad occhi aperti sull’abisso del male, sul fallimento del linguaggio, che non riesce a contornare tale oscurità e lo fa scardinando i canoni dell’autobiografia, inventando un metodo estetico per raccontare l’indicibile, come dice Daria Bignardi.
«In queste pagine l’autobiografia è soltanto un’arma in più per affrontare l’impensabile, un coltello per vivisezionare il mondo, una scelta politica ed estetica che attesta l’unione tra contenuto e forma»
La presentazione è finita, l’applauso finale ha un che di timoroso e risulta più timido del dovuto, poi con Daria uno sguardo, un abbraccio e un desiderio: che siano pochi i lettori di questo libro…peccato che quella sera vince il Premio Strega europeo, con 10 voti su 23.
«…ecco la sfida, camminare come funamboli sul filo dei nostri destini. Inciampare, ma ancora una volta, non cadere. Non cadere. Non cadere.»