Safarà Editore
Benvenuta Cristina tra le pagine de ilRecensore.it, la rivista pensata per tutti i protagonisti di questa meravigliosa passione che è la lettura.
Safarà editore: una casa editrice indipendente con un’identità molto forte, dedicata alla pubblicazione di opere di narrativa e saggistica che spaziano negli ambiti letterari e disciplinari più diversi, perché lo spirito che la anima è la volontà di mostrare le interconnessioni esistenti tra tutti i rami e le molte vite dell’arte della scrittura.
Cristina Pascotto, direttrice editoriale, ci puoi rivelare quale idea muove i primi passi della vostra Casa Editrice?
Safarà nasce dall’idea di portare alla luce tesori sotterranei – opere che il più delle volte sono state messe da parte dalla storia editoriale italiana perché considerate talvolta oscure, talvolta poco appetibili per il mercato, talvolta semplicemente sottovalutate nel loro valore letterario e nel loro potenziale per le lettrici e i lettori del nostro Paese.
Spesso si tratta di libri che non hanno smesso di crescere grazie a lettori ostinati di ogni parte del mondo che ne hanno garantito l’esistenza attraverso letture controcorrente nell’arco di decenni, da noi recuperati attraverso ricerche piuttosto rocambolesche in librerie dell’usato di tutta Europa. Altre volte si tratta di scrittrici e scrittori prestigiosi la cui voce, tuttavia, non era mai stata intercettata in Italia e che si sono affacciati nel panorama editoriale italiano con noi, e come noi, per la prima volta – con molta emozione.
Dal 2015 avete deciso di riprendere in mano le opere di Alasdair Gray (scelta che mi trova entusiasta!) artista eccentrico, geniale e ingiustamente dimenticato. Come inizia questa avventura?
All’epoca Safarà muoveva i suoi primi passi con l’intento di cui parlavo prima: portare voci uniche che potessero offrire esperienze letterarie significative che non avevano ancora trovato voce in Italia.
Alasdair Gray era tra queste: un autore di sconfinata visione, un artista poliedrico e generoso come solo i grandi sanno esserlo.
Lo contattai timidamente attraverso la sua storica casa editrice scozzese con il coraggio un po’ folle delle prime imprese e la sua risposta non si fece attendere: fu un sì entusiasta. Abbiamo così iniziato a pubblicare le sue opere ispirate, divertenti, portatrici di un messaggio che continuamente si rinnova. Il progetto è stato lungo e complesso perché nessuno lo conosceva in Italia – e noi eravamo dei debuttanti assoluti. Tuttavia non abbiamo mollato la presa e oggi è diventato una colonna della casa editrice, nonché un autore amato da migliaia di lettrici e lettori italiani.
I libri di Alasdair Gray sono opere d’arte. Tavole illustrate, inserti grafici, una babilonia espressiva che richiede da parte dell’editore una cura maniacale e la collaborazione di molti esperti. Quanto lavoro c’è dietro il meraviglioso libro che il lettore trova sugli scaffali della libreria?
Alasdair Gray è stato un artista dai molti talenti che nelle sue opere letterarie ha fatto convergere anche le sue influenze grafiche e pittoriche, la sua grande cultura visiva: i suoi libri includono infatti non solo le sue illustrazioni ma spesso veri e propri rompicapi tipografici la cui impaginazione è parte integrante della narrazione.
Ricrearli nella nostra lingua è spesso una sfida, ma soprattutto un’avventura che ci permette di capire ancora di più la vitale ingegnosità che permea ogni sua opera.
Punto focale nell’affrontare un testo di A. Gray è la traduzione. Il divertimento maggiore di questo autore sta nel giocare con il lessico a creare lemmi ed enigmi linguistici esattamente come il suo Vate: James Joyce. Avere al vostro fianco Enrico Terrinoni, uno dei massimi esperti joyciani del nostro Paese, è una garanzia. Come nasce la vostra collaborazione?
All’epoca eravamo dei giovanissimi editori in cerca di traduttori amanti delle sfide; ci fu subito chiaro come questo autore dovesse essere affidato a un professionista che potesse non solo tradurre le sue opere, ma interpretare il suo pensiero – il compito più arduo.
Fu proprio il lavoro di Enrico Terrinoni su Joyce a spingerci a contattarlo e così è nata una collaborazione tutt’ora in corso.
Il vostro catalogo è ricco di perle letterarie, per esempio le opere di Amparo Dávila, qual è la filosofia editoriale che vi porta a scegliere autori misconosciuti, ma in qualche modo seminali e che effetto fa vedere riconosciuta la vostra intuizione, come è successo con il Leone d’oro a Povere Creature! alla Mostra del cinema di Venezia?
Scegliere un percorso controcorrente richiede molta ostinazione e una scarsa capacità a lasciarsi persuadere: in questi anni di attività abbiamo fatto appello a queste caratteristiche essenziali per qualsiasi impresa che parta da zero, senza alcun salvagente né storico a cui appoggiarsi. Abbiamo sempre pensato che se avessimo lavorato con coerenza avremmo raggiunto le lettrici e i lettori che non sapevano di aspettare queste voci ancora avvolte dal segreto e quando, dopo aver superato tanti ostacoli, abbiamo iniziato a vedere i primi risultati, questo ha suscitato in noi un sentimento che non saprei come altro definire se non di profonda gioia.
La vittoria di “Povere creature!” a Venezia è stata una vera e proprio trionfo della chimica speciale che può unire le arti quando dialogano al massimo livello e nel rispetto reciproco: il fatto che tanti lettori abbiano colto questa occasione e partecipato a questa straniante avventura tra le narrazioni rivela la qualità che ricerchiamo ancora nelle storie e come la curiosità intellettuale sia ancora la forza trainante nelle preferenze del pubblico. Per noi è stato travolgente – e l’avventura è ancora in pieno corso!
Negli ultimi tempi, soprattutto negli States e negli UK si parla di un nuovo modo di leggere, rileggere e scrivere i libri e di una professione: il sensitivity reader, un editor che s’incarica di passare al setaccio i testi alla ricerca di parole e contenuti offensivi. È “ un’isteria di massa” come ha detto Ian McEwan oppure una fase necessaria ?
Si tratta senza dubbio di una questione complessa che non credo possa avere una risposta univoca. Credo che le persone non debbano essere sottovalutate nel loro spirito critico e nella loro capacità di formulare pensieri indipendenti; la grande letteratura è sempre capace di stimolare riflessioni autonome e credo che un simile lavoro possa inibire, se non azzerare, la capacità di critica individuale.
La letteratura non può ridursi a un esercizio didascalico, né offrire al suo interno categorizzazioni semplicistiche di ciò che sia bene e di ciò che sia male: dovrebbe altresì ispirarci e rendere visibili le infinite sfumature dell’esperienza umana (e non solo), rendendoci più consapevoli, rinnovando la nostra comprensione di ciò che significa abitare questo mondo.
Se qualcuno (chi, esattamente?) corregge queste voci prima ancora che possano esprimersi, specialmente appellandosi a una sensibilità storicamente data (in questo caso la nostra), cosa rimarrà di tutte le storie sbagliate e imperfette attraverso le quali abbiamo potuto fare un passo avanti nella nostra comprensione di noi stessi e del mondo? Sotto questa lente implacabile temo che potremmo perdere innumerevoli storie e innumerevoli occasioni di crescita, pensiero, compassione – e credo che nessuno possa augurarsi un simile scenario. Penso che dovremmo avere più fiducia negli individui, nella loro intelligenza e nella loro libertà – un concetto che sembriamo amare ma che il più delle volte dimostriamo di temere.
Ringraziandoti Cristina di aver condiviso con ilRecensore.it la tua esperienza editoriale, mi puoi anticipare quali saranno le novità su cui state lavorando ora?
Il 2024 sarà un anno ricco di autrici e autori inediti, ma anche di grandi ritorni: in primis Gerald Murnane, tra gli autori più amati di Safarà, ma anche Barbara Comyns e molte altre voci che speriamo possano condurre chi ci legge verso gli approdi che prediligiamo – ovvero quelli che non sapevamo ancora di desiderare.
(Grazie mille a tutti voi!)
Grazie a te Cristina per il vostro splendido lavoro!