Paul Auster ( 3/02/1947 – 30/04/2024) visto attraverso tre scritti diversi, che rimarranno la testimonianza del suo immenso talento.
TRILOGIA DI NEW YORK
Non è un romanzo per tutti, richiede attenzione ma soltanto perché è un libro immersivo da leggere affidandosi esclusivamente all’autore.
La trilogia è chiamata così perché contiene tre romanzi brevi in cui, in uno stato quasi allucinogeno, ci si ritrova a vagare per la Grande Mela in un rincorrersi di intrecci e doppie, se non triple personalità.
La città di vetro è il primo racconto ed il più lungo.
Daniel Quinn è il protagonista di un viaggio stravolgente in cui, da scrittore di romanzi polizieschi abituato a chiacchierare con i suoi alter ego, diventa Paul Auster (e sì! E infatti Paul Queen è uno degli pseudonimi nella realtà di Auster) un abile e rinomato detective alle prese con un caso alquanto sospetto e degno di sliding doors.
“Si chiedeva se Peter vedeva le stesse cose che vedeva lui, o se invece il mondo gli appariva diverso. E se un albero non è un albero, si chiedeva cosa fosse veramente.”
Fantasmi invece è più “veloce” , …diretto.
Blue è lo Sherlock Holmes assunto da White per pedinare Black.
Ovviamente Auster mette alla prova il lettore con altri personaggi come Brown, Gray che in realtà è Green, Gold … il tutto sempre a New York ma in Orange Street. Unico!
La stanza chiusa, terzo e ultimo romanzo breve, è probabilmente la narrazione più riuscita e convincente.
L’ultima “tappa” infatti si rivela affascinante e magnetica, forse più “umana” nel delirio di situazioni.
“Rivedo avvenimenti, incontro immagini di me stesso in vari luoghi, ma solo da lontano, come se stessi contemplando un altro.”
Può assolutamente anche non piacere e scontrarsi con il gusto del lettore, perché a tratti l’assurdità del racconto diventa spiazzante e disturbante ma il legame che si crea porta a riflettere sull’esistenza e sulla ricerca di un’identità spesso confusa e sopravvalutata.
Oltretutto contiene rimandi a grandi autori come ad esempio Thoreau, che regalano quel suggerimento prezioso in più.
Che dire: un’opera dello scrittore in cui forse si fa più fatica ma come sempre per la sua scrittura merita tanto e rimane da leggere!
INVISIBILE
“Chi condannerebbe un ragazzo di vent’anni per essersi smarrito nella nebbia di sofismi e depravazione che può circondare un personaggio?”
New York, 1967.
Un trio di protagonisti: Adam, ventenne, studente aspirante poeta; Rudolf, trentacinquenne, professore universitario di scienze politiche; Margot, trentenne, convivente di Rudolf, aspirante pittrice.
L’incontro fra i tre avviene subito, nella primissima parte del romanzo, un lungo racconto di cui Adam è la vittima, il carnefice ed entrambi ma in particolare ne è la voce narrante, nella prima parte, da cui sarete coinvolti e attratti a continuare la lettura.
“Erano due sconosciuti che avevo incontrato a una festa rumorosa in una serata di primavera nella New York della mia giovinezza, una New York che non esiste più: punto e basta.”
Il primissimo istinto di Adam Walker è di rifuggire quella nuova conoscenza, ma purtroppo, non sempre la vocina interiore viene ascoltata e presa in considerazione. Il progetto della nuova rivista letteraria Stylus (in onore di Poe) diventa, come si suol dire, un perfetto specchietto per l’allodola Adam Walker…
Un romanzo suddiviso in quattro corpi principali che nascono tutti da un’unica sorgente: l’anno 1967 nel quale accaddero così tante cose… e Adam nel bene e nel male, le ha vissute tutte.
Dalla seconda parte in poi l’escamotage letterario, che tanto piace all’autore, funziona perfettamente…
Consiste nel “lo diventò Lui“.
Un memoir in quattro stagioni, che si racconta principalmente in Estate e Autunno,
beh anche in Primavera ma lei è utile soltanto al prologo.
L’Inverno invece è il tocco di magia con cui svela il mistero finale.
L’estate è incestuosa, intima, provocatoria, fatale, aperta…
L’autunno è il cambio di strada, la svolta, perché a distanza di due anni Walker ritorna a Parigi con l’intento di reinventarsi… purtroppo però quando la sua psiche e la sua vita quotidiana si intrecciano e si complicano a vicenda, si può arrivare a percorrere un binario imprevisto decisamente imprevisto e spiazzante come solo Auster sa narrare e inventare.
“Se parleremo di Adam (come credo succederà), è probabile che scoppi a piangere. Non si senta in colpa.”
Paul Auster sbalordisce per bravura, per eccessi concessi e autoironia; traspare anche quel suo tormento e l’ampio spazio che lascia ai suoi lettori. • #affascinante !
BAUMGARTNER
Baumgartner vive, vive fino in fondo ma quanta mancanza, quanta malinconia da quando Anna non c’è più.
Sono passati ormai dieci anni… ma lei ora si è trasformata, è diventata il suo arto mancante, ed ecco che iniziano a riaffiorare i ricordi di Seymour, le memorie di Anna sono una storia nella storia che lo aiuta a colmare quell’enorme assenza come se lei fosse ancora lì. Sindrome della persona fantasma.
Un romanzo denso di vita, di dolore e di tutte quelle sensazioni contenute nell’anima umana e delle sofferenze che ci fanno sentire vivi.
Giornate che si rincorrono, a volte svelte a tratti al rallentatore.
Come si affronta la perdita quando il destino precocemente ci priva della nostra metà? Come si fa a ricominciare a vivere e cosa è normale fare?
Baumgartner, seppur nel dolore, reagisce: si emoziona ancora e la narrazione dello scrittore ci racconta tutto, ama ancora… ma nell’intimo è morto.
Cosa significa essere vivi?
Chi siamo e dove stiamo andando? Certo possiamo fare questa domanda a chiunque su di un treno e lui saprebbe rispondere ma nella vita… nella nostra esistenza questa domanda è fondamentale.
L’ esistenzialismo di Paul Auster lo riconferma uno dei più grandi scrittori postmoderni americani.
E quanto di autobiografico ci racconta tramite questo Seymour nato nel ‘47?
Purtroppo sarà il suo ultimo libro…
Sicuramente, per tal motivo, non è la scelta migliore per iniziare a conoscere la sua scrittura e se il suo intento era quello di lasciare una traccia di sé per quanto mi riguarda ha centrato l’obiettivo perché spesso durante la lettura, Seymour assume le sembianze di un certo Paul.
Catturata dai suoi ricordi di Noemi…
e dalle sue riletture delle poesie di Anna o meglio “la poesia non era un pianeta ma un minuscolo asteroide a zonzo per gli spazi celesti della letteratura americana.”
Dolce amaro, diverso dai suoi precedenti, intimo e meno criptico, sempre pronto ad indurci a riflettere sulla preziosità dei momenti.
“Ho capito che i libri non sono mai finiti,
che è possibile per alcune storie continuare a scriversi
senza il loro autore.” – Paul Auster