Mala. Roma criminale di Francesca Fagnani

Mala. Roma criminale

La pace è finita e ora le gang sono in guerra. Sotto il manto della grande bellezza, nel sottosuolo perso e dannato di Roma scorre un fiume di violenza. Sequestri, pestaggi, torture e omicidi si susseguono. Lo scontro infuria, invisibile agli occhi dei più. È così da quando, il 7 agosto 2019, Fabrizio Piscitelli detto Diabolik, capo degli Irriducibili della Lazio e ai vertici della “batteria di Ponte Milvio”, viene freddato da un sicario che gli spara alla testa, mentre se ne sta seduto su una panchina al parco degli Acquedotti.

Ma Diabolik è solo la punta dell’iceberg di quella rete di organizzazioni criminali che governano sul territorio: connection tentacolare che comprende il cartello di Michele ’o Pazzo, la malavita storica e quella emergente, e poi il sodalizio, spietato e potente, degli albanesi, che sono cresciuti all’ombra di Piscitelli e sono diventati i Signori del narcotraffico.

Così, la vendetta è l’innesco di un conflitto senza quartiere per il controllo delle piazze di spaccio, dal litorale ostiense a Tor Bella Monaca: un business gigantesco in cui tonnellate di coca muovono milioni. In queste pagine, voci urlano prima di spegnersi nel buio, armi sparano in pieno giorno, la droga invade le strade, i soldi si prestano a strozzo e i debiti si saldano sempre: a qualunque costo e spesso nel peggiore dei modi. Con il rigore della cronista di razza, Francesca Fagnani esamina le fonti giudiziarie, collega i fatti, ricostruisce antiche alleanze e recenti rivalità che definiscono la geografia criminale della Capitale.

“Mala” è un’inchiesta documentata, implacabile e travolgente come una serie tv sui narcos sudamericani, che svela chi sono i nuovi padroni di Roma, la città che si diceva non volesse padroni.

Che Francesca Fagnani sia una bravissima giornalista, ormai, lo sanno tutti. Ma scrivere una inchiesta giornalistica che suona e scorre come un thriller non è affatto cosa comune e la missione della conduttrice di Belve si può tranquillamente dire brillantemente compiuta.

Partendo da un fatto di cronaca frettolosamente (e curiosamente) scomparso dai giornali e dalle televisioni, la cui eco ha riverberato solo nelle coreografie di quel serbatoio nascosto di poteri e violenza che derubrichiamo volentieri a folclore calcistico, l’omicidio Piscitelli viene qui indagato in dettaglio, seguendo fili, amicizie, alleanze e ambizioni che, alla fine, disegnano un affresco sorprendente: quello della malavita organizzata romana che per molti abita ingenuamente solo il tempo e il territorio del mito, quello della banda della Magliana, delle mafie, di centri di potere che fuori dalla capitale sono difficili anche solo da immaginare.

Eppure, all’interno del raccordo anulare accadono e si raccontano rapimenti, torture, immaginari e ambizioni grottesche come grottesca è ogni trasposizione nel reale di un immaginario cinematografico. Qui Scarface di periferia pianificano torture Tarantiniane in appartamenti col cellofane in terra, sicari sudamericani intrecciano destini con annoiati killer a tempo perso della borghesia pariolina, omicidi vanno a monte per uno scooter che non si avvia, batterie di albanesi stringono alleanze coi cartelli messicani.

La commistione è totale, Cinecittà e Roma , realtà e immaginario cambiano continuamente perimetro in un cortocircuito immaginativo che ricorda la vecchia battuta del matto che, affacciato alla grata del manicomio, chiede ad un passante se siano in tanti, là dentro.

In assenza di un’etica a tracciare geografie interiori normale e anormale, lecito e illecito, Dentro e Fuori sono misure relative che dipendono esclusivamente dalla quantità. Capita quindi che la parabola tragica di un piccolo uomo consumato dalla propria ambizione borghese, protagonista del film di Brian De Palma, diventi un modello per chi, nel qui e ora, non trova riferimenti alternativi.

Il cortocircuito è completo ed occorre uno sforzo immaginifico considerevole per ipotizzare metafore ulteriori: così come la satira viene uccisa da una politica ormai priva di qualsiasi senso del ridicolo in cui da tempo si è giunti al grado zero della comunicazione, così il monito paradossale, l’eccesso grottesco di Tony Montana viene disinnescato dal vuoto pneumatico che rende possibile la sua normalizzazione.

Se tutto ciò che la società sa produrre sono ambizioni da reginette di bellezza e McMansion di periferia forse è il momento di smettere di guardare il dito e occuparsi seriamente, forse esclusivamente, del panorama interiore di cui vogliamo dotarci per affrontare il domani.

Mala. Roma criminale è una inchiesta giornalistica che scorre e si legge come un giallo verso cui, non sapessimo trattarsi di cronaca, dovremmo guardare con affetto per perdonare quelli che potrebbero sembrare eccessi di fantasia.

Un libro profondamente inquietante, stupefacente in ogni accezione, che consigliamo senza riserve.


Francesca Fagnani ha esordito come giornalista televisiva con Annozero di Michele Santoro, per poi diventare autrice e conduttrice della popolare trasmissione Belve, in onda su Rai2. Ha firmato inchieste per “L’Espresso” e oggi scrive su “La Stampa”.

Autore

  • Giovanni

    Scrittore, fotografo, Sales Executive di una delle principali Software House italiane, esperto di informatica, è stato cofondatore del Blog Thrillerlife ed è socio fondatore della associazione culturale IlRecensore.it e della omonima rivista online.

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