Letteratura Ergodica
Labirinti di parole, frasi che formano immagini, testi che non si leggono in maniera lineare, pagine che vanno capovolte o guardate allo specchio, libri che sono esperienze non solo mentali, ma anche fisiche e sensoriali.
Quello della letteratura ergodica, genere semisconosciuto tornato in auge con l’attesissima ristampa di Casa di Foglie di Mark Z. Danielewski, è un mondo in cui le parole non si accontentano di starsene ordinate e in fila come gli umarell di fronte a un cantiere.
Vorrei potermi dare un tono sciorinando colte definizioni accademiche che collochino la letteratura ergodica in una scatola spazio-temporale precisa, ma la verità è per questo genere letterario non esiste una vera definizione.
Per tentare quantomeno di gettare delle basi su cui muoverci in questo terreno scivoloso, il termine “ergodico” fu coniato da Espen Arseth nel 1997 per definire l’electronic literature – ovvero la letteratura digitale – e le sue peculiarità rispetto alla letteratura cartacea, nel saggio Perspectives on ergodic literature.
Ergodico deriva dal greco “ergon” (lavoro) e “hodos” (percorso): in parole povere si tratta di testi la cui fruizione richiede un lavoro fisico superiore rispetto a quello solito. Insomma, se ogni normale libro si legge dall’alto in basso e da sinistra a destra, spesso nei libri ergodici si fanno degne eccezioni a tale regola.
È un regno di entropia controllata in cui la linearità letteraria viene gioiosamente sacrificata a favore di un’esperienza sensoriale.
Andando indietro nel tempo per cercare di risalire alle origini di ciò che può essere definito ergodico, in molti hanno trovato nell’I Ching, o libro dei Mutamenti – un antico testo cinese che ha origini risalenti a migliaia di anni fa, pilastro della filosofia taoista – il capostipite del genere. Tuttavia essendo un testo sacro, e non essendo nato con questo scopo, lo lascerei un attimo da parte per concentrami sulla parte più squisitamente letteraria.
Essendo la letteratura ergodica un genere, o forse un filone – difficile dirlo – che per sua natura si muove in maniera non lineare, si presta a innumerevoli varianti e interpretazioni. Non si viaggia, insomma, su una nave solidissima, e il modo in cui si manifesta cambia di volta di volta. Ma forse il suo bello è anche questo.
Venendo al sodo, che cosa, alla fine, può essere definito ergodico?
Credo che l’esempio primo, nonché il più lampante, ce lo regali il buon Apollinaire, che non ostile alla tradizione, ma sempre alla ricerca di nuove forme di espressione, nel secondo decennio del ‘900 pubblicò due raccolte di poesie, intitolate Alcool e Calligrammes, in cui le parole sono disposte in modo da formare una figura, senza che vi sia alcuna indicazione chiara che determini l’ordine di lettura.
Qualche decennio più tardi Raymond Queneau fonda l’OuLiPo (Ouvroir de Littérature Potentielle, ovvero “officina di letteratura potenziale”), un gruppo di scrittori e matematici francesi che mira a creare opere letterarie usando formule matematiche, lipogrammi, restrizioni e perfino formule scacchistiche.
Tra le molte opere pazze prodotte dai membri di questa rutilante officina c’è Cent Mille Milliards de Poèmes (Cento mila miliardi di poemi), scritto dallo stesso Queneau. Avete presente quei libretti per bambini divisi in bande orizzontali che combinate in maniera casuale formano animali buffi? La stessa cosa, ma con la poesia.
Cent Mille Milliards de Poèmes è un oggetto-libro composto da dieci fogli divisi ognuno in 14 bande orizzontali, ognuna delle quali contiene il verso di una poesia.
Combinandoli in maniera causale, si possono ottenere infinte (o per la precisione 1014 ) combinazioni poetiche.
E se qualcuno si svegliasse una mattina, e decidesse di dare forma a un flusso di pensieri? È esattamente quello che ha fatto B. S. Johnson con In balia di una sorte avversa. Di mestiere giornalista sportivo, oltre che scrittore, Johnson si reca in treno nelle Midlands per seguire una partita locale, ma un corto circuito di ricordi lo assale quando realizza di trovarsi nella città del suo più caro amico, morto giovanissimo di cancro. Ogni angolo riporta alla mente frammenti, piccoli dettagli ed emozioni di un’amicizia interrotta brutalmente.
Ma, come spesso accade, i pensieri affiorano in maniera caotica e non lineare. Per cercare di riprodurre quella sensazione, Johnson ha un’idea visionaria: costruisce un book in a box, un libro in scatola, composto da 27 sezioni non rilegate e lasciate al libero arbitrio del lettore, che potrà mescolarle a piacere.
Il caos con cui si generano i pensieri diviene così un’esperienza collettiva, diversa e unica per ogni lettore.
Altro giro, altra corsa, altra interpretazione della “lettura non lineare”. Come non nominare, in questo elenco assolutamente non esaustivo, Julio Cortazar e il suo Rayuela Paragonato all’Ulisse di James Joyce e considerato uno dei romanzi più influenti della letteratura latinoamericana, in Rayuela la predeterminazione della storia viene rotta attraverso le varie possibilità di lettura date dal romanzo: lo si può leggere infatti rispettando l’ordine di capitoli, e fin qui tutto bene, oppure seguire la traccia che viene data in fondo a ogni capitolo, in modo da creare una storia completamente nuova.
Ma veniamo ora a lui, quello che per me, e per molti, è il colosso monumentale, il Godzilla della letteratura ergodica: Casa di Foglie.
Per Mark Z. Danielewski, il suo autore, la letteratura è sempre stata un mezzo di espressione tridimensionale, un viaggio sensoriale e artistico che compenetra e si fonde la narrazione. Casa di Foglie è un libro-labirinto ambientato in una casa-labirinto. Non solo una storia nella storia, ma anche pagine nelle pagine, testi al contrario e addirittura allo specchio, frasi che cambiano direzione, note annidate in vari livelli, appendici e una marea di easter eggs fanno di quest’opera un capolavoro multisensoriale, una storia oscura il cui lo scopo è creare nel lettore quel senso di smarrimento che attanaglia anche i protagonisti del libro nel cui salotto, a un certo punto, spunta una misteriosa porta.
La letteratura ergodica produce su di me un fascino irrefrenabile e vorrei continuare a parlare in eterno di come ne Le memorie dello squalo di Steven Hall ci siano squali fatti di parole che si rincorrono tra le pagine, oppure di come Jonathan Safran Foer abbia costruito Tree of Codes, un oggetto unico nel suo genere, a cavallo tra una esperimento grafico e tipografico, tagliando via parti di testo in modo da rivelare quelle sottostanti, creando combinazioni di parole e frasi che mutano di pagina in pagina.
Oppure ancora come Chris Ware abbia creato Building Stories, un graphic novel che sembra un gioco da tavolo nel quale i 14 fumetti di cui è composto, tutti di formato diverso, possono essere letti in ordine casuale, o ancora di come ne IlMistero.Doc Matthew McIntosh abbia racchiuso l’incredibile quantità di frammenti di altre vite che ogni giorno si incontrano – e si scontrano – con una singola vita umana, ma probabilmente resteremmo qui fino alla fine dei tempi.
Chiuderò quindi con il capolavoro di quel folle uomo chiamato JJ Abrams, si, proprio quello di Lost. S. La nave di Teseo è un vero e proprio experience book.
Il libro, che si trova dentro un cofanetto, sembra proprio un vecchio libro preso in prestito in biblioteca, con tanto di fascetta e di numero di inventario. Ai margini della trama principale, una storia oscura scritta da un enigmatico autore, si svolge un’altra storia, sotto forma di dialogo tra un ricercatore e una studentessa, che si conoscono attraverso le reciproche note sul libro. Oltre a questo, il libro contiene cartoline, lettere, fotocopie e mappe inserite tra le pagine, che fanno di quest’oggetto un vero gioiello e un caso editoriale senza precedenti.
Se vi sentite abbastanza audaci da sperimentare, spero che questi consigli possano fornirvi una porta di accesso. Ma attenzione, perché quello che scoprirete potrebbe creare dipendenza. Io vi ho avvertiti.
Ambra Nardi
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