Le dedico il mio silenzio
SINOSSI
Toño Azpilcueta è il più grande esperto di musica peruviana. Anche se lo sanno in pochi. Accademico irrealizzato e insegnante insoddisfatto, Toño conduce una vita anonima alla periferia dei circoli intellettuali di Lima, sdegnosi della sua vasta erudizione. Ma quando Toño ascolta per la prima volta Lalo Molfino, misterioso chitarrista dal talento eccezionale, cambia tutto. Perché quelle note gli danno la forza di inseguire il sogno in cui ha sempre creduto.
Mario Vargas Llosa torna al suo amato Perù, alle radici delle sue tradizioni, e dà voce a un’utopia: quella di un intero paese che, grazie all’arte, si stringe finalmente in un abbraccio fraterno.
Toño Azpilcueta vive per la musica peruviana e ne è forse il più autorevole, appassionato conoscitore, anche grazie agli insegnamenti del grande maestro Morones, sua guida negli anni universitari che si sono conclusi con il sogno sfumato di una cattedra dedicata al folclore nazionale.
Negli anni, invece di guadagnarsi un posto di rilievo in seno all’élite intellettuale di Lima, Toño è riuscito solamente a riversare il suo vasto sapere in infervorati articoli pubblicati da riviste minori o in lunghe orazioni destinate a pochi eletti, perlopiù casuali frequentatori di locali in cui si respira il Perù autentico.
Per questo è costretto a insegnare a scuola, e ad accontentarsi di un’anonima esistenza alla periferia della capitale e del cuore pulsante della cultura.
Un giorno Toño riceve una chiamata sommamente inaspettata: José Durand Flores, il celebre scrittore, lo invita ad assistere a un’esibizione di Lalo Molfino, un chitarrista mai sentito nominare. Al concerto Toño si ritrova al cospetto di un musicista dal talento unico, capace di emozionare profondamente il pubblico.
Ma chi è davvero quel giovane, e perché non ha la fama che merita? Toño decide di intraprendere un’indagine personale: in un viaggio attraverso una terra segnata dalla violenza di Sendero Luminoso, si mette sulle tracce di Lalo Molfino, alla ricerca delle sue origini, incontrando i suoi amori, inseguendone il fantasma sulle strade che l’hanno portato a diventare un artista ineguagliabile. E per Toño quell’impresa si trasforma presto in una missione, la più ambiziosa.
Scriverà un libro per ripercorrere la storia dei ritmi del Perù, e per rendere omaggio al sogno che Molfino ha illuminato con le sue note: la musica criolla può portare avanti una rivoluzione sociale, abbattere i pregiudizi e le barriere, e unire l’intero paese in un abbraccio fraterno.
RECENSIONE
«Ti presto cinquemila soles, fratello – gli aveva detto l’amico Collau, a disagio, sfiggendo il suo sguardo e al limite della balbuzie. – Così puoi scrivere il libro che ti sei messo in testa di scrivere su Lalo Molfino e quelle cose peruviane. Così vai a Chiclayo a indagare sulla vita di quel tipo mingherlino. Scrivi il libro, fratello mio. Se racconti la sua storia come l’hai raccontata a noi ieri sera, farai piangere un sacco di gente»
Prende così il via l’avventura letteraria di Toño Azpilcueta, che per liberarsi o, più probabilmengte, per potenziare le proprie ossessioni, decide di scrivere di Lalo Molfino, un chitarrista che lo aveva stregato l’unica volta che lo aveva sentito suonare dal vivo.
Lalo si toglie la vita e la ricerca del perché un essere dotato di talento faccia una scelta del genere, insieme all’amore viscerale di Toño Azpilcueta per il vals criollo e la musica tradizionale peruviana, mette in moto la sua esistenza pigra e apparentemente onsegnata alla mediocrità.
Il vals peruviano, non inventato da nessuno, ma fiorito «a poco a poco, come un vincolo capace di unire tutte quelle persone divise e separate da molteplici pregiudizi» (p. 40) appare a Toño la chiave per la fratellanza universale, il superamento delle divisioni etniche e di classe e la rinascita del Perù.
Il libro che vedrà la luce, infatti, si chiamerà proprio Lalo Molfino e la rivoluzione silenziosa.
Il “gioco” di Vargas Llosa è affascinante: mescolare la sua scrittura del libro con la scrittura del libro del suo personaggio – anche il breve testo in appendice, da lui firmato e datato, contiene una sua profezia di scrittura del suo ultimo libro, che rimanda alla promessa di Toño Azpilcueta con cui si chiude il romanzo.
E questa zona grigia in cui si fondono testo e paratesto, Mario Vargas Llosa si fa corpo nel romanzo, nella simmetrica alternanza tra un capitolo che segue narrativamente le azioni di Toño Azpilcueta e uno che invece illustra, quasi in maniera saggistica, quanto affiora dalle sue ricerche. Il libro a cui lavora il protagonista è un libro potenzialmente infinito, che Toño scrive e riscrive, che aggiunge pagine e che apporta modifiche ad ogni nuova edizione.
Il libro diventa il Libro, unisce la storia e il presente, prepara il futuro, descrive le varie scienze e riscopre la poesia. È un libro-mondo che trasfigura il reale e dona senso alla vita.
Allo stesso tempo, il titolo sembra applicabile a tre livelli di narrazione: quello di Lalo, quello di Toño e quello di Vargas Llosa stesso. La frase è pronunciata da Lalo Molfino:
«Solo l’ultimo giorno, quando è venuto a salutarmi, l’ho visto un po’ triste. “Le dedico il mio silenzio”, mi ha detto, e se n’è andato quasi di corsa. Non so cosa volesse dirmi con quella cosa: “Le dedico il mio silenzio”. Tu lo capisci?»
Questa frase Lalo la rivolge a Cecilia Barraza – la donna segretamente amata da Toño – prima di svanire nel nulla e poi morire. Alla stessa Cecilia, l’ultima pagina del romanzo, Toño confida che sta scrivendo una delle sue “solite pazzie”, lo ammette quando gli cade a terra un taccuino.
Sarà un libro: «In più, se viene bene, te lo dedico» (p. 227). Cecilia, la bellezza, la giovinezza che perdura tramite il canto e l’eleganza, raccoglie il silenzio ma anche la promessa di una parola,di un libro che racconti ciò che è stato e che sarà. Nella già citata postfazione, Mario Vargas Llosa prende la parola scrivendo «Credo di avere concluso questo romanzo». In quel credo c’è tutta l’illimitatezza dell’immaginario e del processo di rimandi che Toño Azpilcueta ha innescato.
«Adesso mi piacerebbe scrivere un saggio su Sartre, che è stato il mio maestro da giovane. Sarà l’ultima cosa che scriverò». Ed è una promessa di un libro e di un silenzio.
Titolo: Le dedico il mio silenzio
Autore: Mario Vargas Llosa
Editore: Einaudi
Genere: narrativa ibero-americana
Traduttore: Federica Niola
AUTORE
Mario Vargas Llosa è nato nel 1936 ad Arequipa, in Perú. Nel corso della sua carriera ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Cervantes, il Premio Príncipe de Asturias de las Letras, il PEN/Nabokov per la narrativa, il Premio Grinzane Cavour e nel 2010 è stato insignito del Premio Nobel per la Letteratura. Einaudi ha in corso di pubblicazione l’intera opera.
Tra i titoli già pubblicati: La Casa Verde, La zia Julia e lo scribacchino, La guerra della fine del mondo, I quaderni di don Rigoberto, La città e i cani, Lettera a un aspirante romanziere, Conversazione nella «Catedral», Elogio della matrigna, La festa del Caprone, Pantaleón e le visitatrici, Storia di Mayta, Il Paradiso è altrove, I cuccioli. I capi, Chi ha ucciso Palomino Molero?, Avventure della ragazza cattiva, Appuntamento a Londra, Il caporale Lituma sulle Ande, Il narratore ambulante, Elogio della lettura e della finzione, La Chunga e Il sogno del celta.
Nel 2012, sempre per Einaudi, è uscito Alfonsino e la Luna ; nel 2013, nella nuova collana digitale dei Quanti, Mondo, romanzo (con Claudio Magris); sempre nel 2013, sono usciti La civiltà dello spettacolo e L’eroe discreto; nel 2016, Crocevia (Super ET 2018); nel 2019, Il richiamo della tribù e nel 2024 Le dedico il mio silenzio.