La settimana di Testo 2024
Domenica scorsa uscivamo da Testo frastornati e felici dopo tanti incontri, idee e collaborazioni che si tradurranno anche in cose nuove che vedrete qui. Testo è una fiera particolare, giovane, lontana dalle grandi manifestazioni, il Salone su tutte, che dominano il panorama. È però anche una fiera particolare che nel suo terzo anno di vita ha raggiunto una affluenza di tutto riguardo (si parla di quindicimila presenze vere) e che, soprattutto, lo ha fatto mantenendo la propria identità.
Testo infatti è una fiera dedicata, come la nostra rivista, a tutta la filiera della editoria, con una forte presenza di addetti ai lavori, workshop e incontri di approfondimento. È anche una fiera estremamente democratica e se per alcuni può risultare straniante non veder spiccare immediatamente i loghi delle case editrici che più trovano affini, l’idea di proporre a tutti gli espositori spazi e allestimenti letteralmente identici permette di giocarsi tutto sui titoli esposti, annullando la forza economica delle grandi case editrici e lasciando che anche gli editori indipendenti possano misurarsi coi giganti solo in base alla qualità della loro offerta.
Purtroppo non abbiamo foto da mostrarvi, ma è stato un piacere incontrare tanti autori, editori, editor e in generale professionisti del settore. Tra i tanti panel cui abbiamo partecipato, però, ci piace pubblicare il video di un incontro che Niccolò Ammaniti e Luca Briasco hanno dedicato al Re di tutti, Stephen King, nell’anniversario del suo esordio, cinquant’anni fa, con Carrie.
La settimana del Server
Tornati dalla fiera avremmo avuto tanto da dire e da scrivere ma, come a volte succede, la rapida crescita che ilRecensore.it ha registrato in termini di accessi ha mostrato il suo unico lato negativo. La piattaforma che utilizzavamo non ha retto il carico di lavoro e siamo stati costretti a migrare di corsa su un nuovo sistema di hosting. Non senza qualche difficoltà tecnica che non sto a raccontare ma che ci ha tenuto fermi qualche giorno in più rispetto alle poche ore che ci erano state preventivate. Tutto è bene quel che finisce bene, comunque, ed eccoci quindi di nuovo online e pronti per proseguire la corsa insieme a voi che ci avete sostenuto così numerosi, sempre più efficienti e attrezzati per crescere insieme ancora a lungo!
La settimana del Boršč
Il Boršč è una zuppa con una storia interessante. Prima di tutto perché la sua origine è da sempre al centro di una contesa culinaria tra Russia e Ucraina e, oggi che tra questi due paesi da sempre fratelli volano le bombe, ci sembrava appropriato parlarne sperando che le guerre, tutte, tornino presto a riguardare solo la paternità di una zuppa povera o l’origine Ucraina di un autore celebre come Gogol’, che della lingua russa è considerato uno dei padri.
Tutti sono una nullità in confronto a Puškin, solo in confronto a Gogol’ è Puškin a essere una nullità. Perciò, invece di scrivere di Puškin, per voi scriverò piuttosto di Gogol’. Per quanto, Gogol’ è talmente grande che su di lui non si può scrivere nulla, perciò scriverò comunque di Puškin. Però, dopo Gogol, in un certo senso è un peccato scrivere di Puškin. Ma di Gogol non si può scrivere. Così non scriverò un bel niente su nessuno, è meglio.
Danil Charms
Ma il Boršč, o Borsch, è anche un piatto letterario e, di questa zuppa a base di barbabietole che dall’Ucraina ha conquistato la Russia, la Polonia, la Lituania e in generale tutti i paesi dell’est, hanno parlato scrittori e poeti come Bulgakov, Majakovsky e Simmel, e già questo potrebbe essere un buon motivo per trattarla in queste pagine.
Patrimonio dell’umanità sancito dall’UNESCO, il Boršč è il piatto che Golda Meyr offrì a Henry Kissinger, offrendoci l’occasione per augurarci la pace anche a latitudini che considereremmo più abituate ad altre prelibatezze come Hummus o Burghul.
Tuttavia c’è un ricordo personale dietro queste righe: una decina di anni fa, a casa di Andrea Sirotti, amico ed esperto traduttore che intervisteremo prossimamente, era ospite un professore di Filosofia moscovita che decise una sera di preparare del Boršč che innaffiamo con dosi di Vodka liscia ghiacciata che ritenevo capaci, a torto ma non troppo, di stendere un cavallo.
In quella occasione il professore, che per ragioni di opportunità resterà anonimo, alla mia richiesta di una ricetta rispose che, barbabietole a parte, il Boršč si fa con quello che si ha in casa.
Nelle scorse settimane è nata l’idea di aprire su questa rivista uno spazio in cui pubblicare cose. Racconti, poesie, brevi flash accomunati da un gusto, più che da un tema, che è quello di chi scrive. Come unico compenso, garantiremo agli invitati nient’altro che la massima libertà e il gusto di condividere una avventura. La cena, per così dire, è ad invito e per questo non trovate alcun form per inviarci proposte.