La salita: La Montagna (non) incantata di Ludwig Hohl
SINOSSI
Due uomini seduti in un rifugio di montagna sono in procinto di scalare, in coppia, una delle vette più minacciose delle Alpi svizzere.
«Fiaba filosofica e paradosso», riflessione acutissima sull’essere umano e sul sublime, sull’amicizia e sulla fragilità della volontà di potenza di fronte a una Natura impenetrabile e indomabile.
Ull e Johann sono due alpinisti profondamente diversi, come diverse sono le motivazioni che li muovono
Il primo è alla ricerca di una sfida (con sé stesso, con la Natura, con i propri limiti)
Johann, invece, ha in mente un’escursione di piacere, impegnativa sì, ma più meditativa.
Dopo poche ore, però, l’ascesa inizia a farsi sempre più dura, i rifugi sommersi dalla neve sono inospitali e sembrano infestati, il vento soffia instancabile, le fioche candele proiettano ombre inquietanti, mentre la montagna incombe su di loro, presenza ostile che li osserva notte e giorno.
Cosa fare?
Proseguire nell’impresa e affrontare ghiacciai e seracchi, come vorrebbe Ull, oppure venire a patti con i propri limiti e rinunciare, come suggerisce Johann?
RECENSIONE
“Inizio d’estate, primissime ore del mattino: nel profondo delle Alpi, al punto di congiunzione fra due valli, su sedie verdi di metallo, davanti a un caffè ancora addormentato, sono sedute due figure che l’abbigliamento e l’attrezzatura rendono facilmente riconoscibili come alpinisti…”
Questo l’incipit del racconto di Ludwig Hohl, scrittore svizzero di lingua tedesca, La salita, che la casa editrice Sellerio ha appena pubblicato con la traduzione di Umberto Gandini.
Sembra quasi l’inizio di un racconto bucolico, pieno di serenità e splendore tipico dell’ambiente montano: creste nitide, ruscelli gorgoglianti, versanti lussureggianti, prati di un verde abbagliante…
“La valle piana, profondamente incassata nell’alta montagna, ha toccato l’apoteosi del suo rigoglio; qui e là qualche prato già falciato, policromo mare di verde maestoso, mentre altri attendono ancora il mietitore. (…) una grandiosità che si si fonda sul rigoglio del verde, sull’imponenza dei monti, sulla luce del cielo, troppo intensa perché il cielo possa essere già azzurro…”
Eppure…nulla è come sembra e dal bucolico ci vuole un attimo per passare al paesaggio duro, alla montagna che non incanta, con il vento che soffia implacabile, i seracchi incombenti e rifugi sommersi nella neve che di ospitale hanno ben poco.
Come ricorda Davide Longo nella Prefazione, La salita è ben più che una novella di montagna. È un romanzo in cui «le lanterne producono più ombre che luce», è uno «specchio per le allodole, un gioco ben giocato».
La narrazione gradualmente muta, si rivela come qualcosa d’altro, e da racconto di montagna fatto di paeselli, fiumiciattoli e valli verdeggianti si fa improvvisamente «fiaba filosofica e paradosso», riflessione acutissima sull’essere umano e sul sublime, sull’amicizia e sulla fragilità della volontà di potenza di fronte a una Natura impenetrabile e indomabile.
E allora La salita diventa ben altro che salita fisica di una vetta: diventa salita metaforica che il lettore deve saper affrontare con l’equipaggiamento giusto, altrimenti rischia di prendere un abbaglio e di cadere nel burrone.
D’altronde anche la vita dello scrittore svizzero Ludwig Hohl è stata tutt’altro che idilliaca, anzi, tutta… in salita.
Figlio di Jakob Arnold, un pastore protestante, e di Anna Magdalena Zweifel, Hohl (Netstal, 9 aprile 1904 – Ginevra, 3 novembre 1980) dopo aver vissuto a Vienna e nei Paesi Bassi, dal 1937 fino alla morte nel 1980 si è stabilito a Ginevra, scegliendo come studio una cantina – sebbene non si sia fatto mancare le mogli, ben cinque!
Votato a una permanente alterità, estraneo a mode e tradizioni, indifferente agli avvenimenti della sua epoca, è stato a lungo ignorato dal grande pubblico nonostante l’apprezzamento di Max Frisch, il sostegno di Friedrich Dürrenmatt, gli elogi di Peter Handke e Adolf Muschg.
Importanti riconoscimenti come il Premio Schiller (1970), il “Premio per il centenario Robert Walser” (1978) e il “Premio Petrarca” (1980) gli sono stati tributati soltanto verso la fine della sua vita.
La sua fama è collegata soprattutto alle brevi narrazioni di Sentiero notturno (Nächtlicher Weg, 1943) e La salita (Bergfahrt, 1975), il suo racconto più evocatore.
Ed è a questo racconto che ha dedicato la maggior parte della sua vita: infatti ha lavorato per ben quarantanove anni alla stesura di queste pagine, cesellando ogni dettaglio, scrivendo e rielaborando frasi, capitoli, scene in modo quasi ossessivo.
È in un ritratto di Hohl, restituito dal fotografo Roger Montandon, che si può cogliere un Hohl non più giovane, ben vestito con giacca e cravatta, in un ambiente chiuso e senza finestre (probabilmente la sua cantina), davanti alla scrivania ricolma di libri e cartelle, con fogli appesi a fili con le mollette.
Ludwig Hohl è stato ripreso anche in pose quotidiane dai fotografi Jean Mohr e Daniel Vittel che di lui hanno restituito la dimensione più autentica – oltre che dal regista Alexander J. Seller, che ha impiegato i fotogrammi per un cortometraggio intitolato Film in Fragmenten.
In Italia si è potuto conoscere Hohl, autore di nicchia, anche grazie a una mostra fotografica allestita nel 2003 presso lo Spazio Culturale Svizzero di Campo Sant’Agnese, a Venezia.
Di lui, nel ’58, lo scrittore svizzero Jürgen Federspiel scriveva: «vive in uno scantinato che richiama alla memoria i dostoevskiani ricordi dal sottosuolo. Una cantina, una specie di lavanderia sotto il cui soffitto macchiato di muffa e di ruggine sono appesi trasversalmente tre o quattro fili per stendere. Centinaia, migliaia, forse decine di migliaia di biglietti sono fissati a quei fili con le mollette: idee, immagini, aforismi, bilanci in dodici sillabe di ore grigie e soffocanti dedicate al pensiero».
Ed è proprio in questa cantina che Hohl ha portato a termine La salita: dal 1926, quando aveva ventidue anni, al 1975, quando finalmente è stato dato alle stampe, Hohl ha lavorato alle 136 pagine che compongono questo racconto – Bergfahrt – pubblicato in Italia solamente nel 1988 col titolo, appunto, de La salita.
Il racconto in sé non ha nulla di particolarmente sconvolgente – è la storia di un’ascesa ad una vetta svizzera di due alpinisti – ma è il lavoro di cesello che Hohl ha fatto con le parole che colpisce di più: si percepisce chiaramente che ogni parola è stata accuratamente scelta per la sua valenza intrinseca, nulla è stato lasciato al caso.
“Certo, di tanto in tanto si coglieva un profondo sospiro lontano, come dal mare, prolungato, come un grande mantice che si muovesse lentamente, respiri come d’uno che sospirasse nel sonno…non però d’un dormiente della pochezza di un animale o un uomo: quel dormiente era forse la montagna stessa. Poi tornava la quiete universale della notte sui monti, quella quiete imponente formata da un ininterrotto, melodico fragore, un fragore così lieve che non lo si percepisce più appena si leva un minimo rumore, ma che poi riemerge, misterioso e immutabile, come proveniente da lontanissime, gigantesche cisterne, introvabili per chi le cercasse”.
Ho intitolato questo articolo La Montagna (non) incantata di Ludwig Hohl in omaggio, ovviamente, a quell’altra Montagna incantata di Manniana memoria…e l’ho fatto perché La salita me lo ha molto ricordato, sia come modalità di scrittura sia come l’atmosfera.
Un altro elemento del racconto da tenere d’acconto è l’apertura di ogni capitolo con un titolo ad hoc che accompagna il lettore in cordata con i due alpinisti Ull e Johann, protagonisti di questo racconto: si inizia così La salita con Una nave portentosa, si prosegue con Prima salita e Nella baita sull’alpeggio per iniziare l’escursione vera e propria dei due alpinisti con Avvio di buon’ora, Verso il rifugio, Verso il ghiacciaio, Nella tempesta di neve e così via per finire con La lunga notte, Il crepaccio e il tragico epilogo ne Il torrente.
«il resoconto felice e tragico di un’ascensione (…) Il tutto in un centinaio di pagine?, direte voi. Sì, ma scritte per quarantanove anni. Nelle ombre, più che nella luce di una cantina.», usando le parole di Davide Longo nella prefazione al libro – prefazione che vi consiglio assolutamente di leggere, come se fosse un libretto di istruzioni.
TITOLO: LA SALITA
AUTORE: Ludwig Hohl
EDITORE: Sellerio
GENERE: narrativa
AUTORE
Ludwig Hohl (1904-1980) è stato uno dei maggiori scrittori svizzeri di lingua tedesca. Noto principalmente per le sue brevi novelle e per le sue Note, in vita ha ottenuto il Premio Schiller (1970), il Premio Robert Walser (1978) e il Premio Petrarca (1980).