L’ultimo mago
Sinossi
È la notte di Capodanno del 1960 e, in un lussuoso appartamento affacciato sul parco del Valentino, un gruppo di persone siede attorno a un tavolo. L’aria è quasi elettrica e nessuno osa emettere un fiato.
Aspettano l’inizio di quelli che il padrone di casa chiama «esperimenti» ma che per chi è lì hanno un valore inestimabile, metafisico, soprannaturale.
Gustavo Rol ha l’eleganza garbata e poco esibita di chi cammina con naturalezza in qualunque stanza del mondo, e il pubblico pende dalle sue labbra.
Solo un uomo lo guarda con sospetto, è sicuro che ci sia un trucco e vuole svelarlo.
Nino Giacosa è un uomo rotto, in fuga: dai debiti di gioco, dai fantasmi della disfatta di El Alamein, da Miriam, la donna che ha amato. Da sé stesso. Dopo tanti sogni infranti, tuttavia, ha trovato qualcosa che può riempire il vuoto della sua esistenza: una storia.
La storia che sta scrivendo giorno e notte nella squallida stanza di una pensione è quella di un grande imbroglio, celato dalle mani sapienti di un illusionista. Ed è con questo atteggiamento scettico, l’occhio attento a ogni dettaglio, che Nino inizia a partecipare alle serate di Rol.
Ma tra i due uomini, all’apparenza così diversi, si crea presto una complicità imprevista. E nelle passeggiate attraverso una Torino gelida e impenetrabile, Rol racconta a Nino la propria vita, il «dono» che ha scoperto grazie a un polacco conosciuto a Marsiglia, gli studi e lo scoramento all’idea di essere ammirato ma mai compreso.
Recensione
“ Una vita acquista senso solo se può contare su una certa dose di incanto, di prodigio. Di meraviglia ”
Francesca Diotallevi ne L’ultimo mago gioca con il potere immaginifico delle parole, intrecciando la storia vera con quella inventata e riportandoci nel vivo della cronaca italiana degli Anni ’60, epoca in cui sui giornali capeggiava il nome di Gustavo Adolfo Rol: l’ultimo mago.
Personaggio controverso, sempre in bilico tra meraviglia e orrore, biasimo e adorazione, Rol ha sempre evitato gli appellativi di sensitivo, mago, veggente, preferendo definirsi un mediatore tra due mondi.
Molti sono stati i personaggi che hanno fatto ricorso alle sue abilità predittive, da Kennedy ad Agnelli, da Fellini a Einstein e in molti lo credevano un ciarlatano, primo fra tutti Piero Angela.
Presagiva le disgrazie, curava con le mani, dipingeva sotto la protezione di Monet… ma si sottraeva alle telecamere, sfuggiva ai cronisti, chiedeva riserbo e discrezione sui suoi esperimenti, sui colloqui con gli spiriti intelligenti.
Francesca Diotallevi, affascinata dai personaggi che vogliono rimanere nell’ombra, come testimonia la sua biografia romanzata su Vivian Maier, ne L’ultimo mago tratteggia i contorni di un uomo dalle mille sfaccettature, scavando nei risvolti più umani della sua esistenza, senza alcuna velleità voyeristica, ma con rispetto e sensibilità.
Ma Francesca è prima di tutto una scrittrice, che conosce la magia della narrazione – «provi a togliere la magia da qualcosa di scritto e avrà solo un mucchio di povere parole sopra un foglio» – e intreccia alla Storia, il trope più celebre della narrativa rosa: l’amore infelice.
“Il passato non passa mai davvero, tutto torna, soprattutto quando resta irrisolto”
Nino Giacosa, scrittore fallito, ludopatico e affetto da una strana invalidità emotiva, è alla ricerca della storia giusta, quella che gli dia la possibilità di riscattarsi, pagare i suoi debiti di gioco e mettere a tacere un passato troppo rumoroso.
Il plot twist è affidato a una foto: Torino, Maggio 1941, Giorgio, Miriam e Nino, ingialliti, sorridenti e inconsapevoli, prima di partire per quella guerra che strapperà loro il futuro.
Dopo vent’anni Nino decide di tornare a Torino, fugge dai guai, da Roma, dai rimpianti e grazie a Miriam, entrerà a far parte dell’esclusivo salotto di Gustavo Rol, di cui diventerà il detrattore segreto.
Cercando di grattare via l’oro da quella che sembra proprio la bella favola di Rol, Nino scoprirà la forza che si muove sotto la superficie del mondo tangibile e a soccombere saranno i sogni ingabbiati nel tempo, il suo disperato amore per Miriam e il disincanto si scioglierà in una resa incondizionata.
Deus ex machina, Gustavo Rol permea il tempo del racconto con la straordinarietà del suo mistero, vanificando ogni tentativo di portare la storia lontano da lui, incantando, attraverso il tempo e lo spazio, anche il lettore più reticente.
Austera, imponente, e arcigna; Torino detta il tempo delle sensazioni, viaggia parallela con la mente del lettore, che sente tra le dita l’umidità della pioggia, l’odore delle foglie, il silenzio delle stanze.
Avvolge nella sua nebbia a disorientare i sensi e ad acuire i rimorsi di un tempo mai lasciato andare, mai perdonato.
L’impianto narrativo de L’ultimo mago è un abilissimo gioco di equilibri e un raffinato intarsio di detto e non detto, di vero e non vero. Un percorso acritico sul vero significato del fantastico, traslato dalla scrittura all’esoterismo, dalla realtà all’immaginazione.
La meraviglia nasce dalla consapevolezza che la realtà stessa ha bisogno di magia per essere vissuta appieno, non importa che non vi siano prove per dimostrare l’incanto, l’importante è guardare fuori dagli schemi, immaginando un possibile sconfinamento nell’irreale.
“ Vorrei essermi lasciato andare alla meraviglia e all’incanto delle cose che non si possono spiegare, perché senza questo cosa resta di una vita? Nient’altro che la realtà. E a chi basta la realtà?”
Autrice
Francesca Diotallevi è nata a Milano nel 1985. È laureata in Scienze dei Beni Culturali. Tra le sue opere Amedeo, je t’aime (Mondadori Electa, 2015), Dentro soffia il vento (Neri Pozza, 2016), vincitore della seconda edizione del Premio Neri Pozza sezione giovani e Dai tuoi occhi solamente (Neri Pozza, 2018), candidato al Premio Strega e vincitore del Premio Comisso sezione giovani, del Premio Manzoni e del Premio Mastronardi.
Le stanze buie (Neri Pozza, 2021), oggi ripubblicato in una versione profondamente rivista, apparve, come suo romanzo di esordio, per Mursia nel 2013.