SINOSSI
Quando Penny Dahl chiama l’agenzia Finders Keepers nella speranza che possano aiutarla a ritrovare la sua figlia scomparsa, Holly Gibney è restia ad accettare il caso.
Il suo socio, Pete, ha il Covid. Sua madre, con cui ha sempre avuto una relazione complicata, è appena morta. E Holly dovrebbe essere in ferie. Ma c’è qualcosa nella voce della signora Dahl che le impedisce di dirle di no. A pochi isolati di distanza dal punto in cui è scomparsa Bonnie Dahl, vivono Rodney ed Emily Harris.
Sono il ritratto della rispettabilità borghese: ottuagenari, sposati da una vita, professori universitari emeriti.
Ma nello scantinato della loro casetta ordinata e piena di libri nascondono un orrendo segreto, che potrebbe avere a che fare con la scomparsa di Bonnie. È quasi impossibile smascherare il loro piano criminale: i due vecchietti sono scaltri, sono pazienti.
E sono spietati.
Holly dovrà fare appello a tutto il suo talento per superare in velocità e astuzia i due professori e le loro menti perversamente contorte.
RECENSIONE
Stephen King ha dichiarato a più riprese come il personaggio di Holly Gibney, personaggio secondario in Mr. Mercedes, abbia immediatamente rubato la scena e il suo cuore, ritagliandosi uno spazio prima da comprimaria nella trilogia dedicata al personaggio di Bill Hodges e dell’agenzia Finders Keepers quindi da protagonista in The Outsider, nel racconto lungo Se scorre il sangue, incluso nella raccolta omonima e infine in questo Holly.
Diciamolo subito, Holly è un romanzo potente, solido, compatto nella struttura se non nelle dimensioni.
La scrittura è funzionale, il ritmo serrato e la voce italiana, affidata ancora una volta a Luca Briasco, è precisa, fedele, evocativa e, sopra ogni altra cosa, perfettamente funzionale alla storia. Un bel libro che, pur nelle sue anomalie, non potrà che piacere agli amanti del Re di tutti, come lo ha chiamato Luca Briasco nel saggio omonimo.
Holly è anche un romanzo adulto che segna un ulteriore allontanamento, non sappiamo ancora se definitivo, da alcuni elementi tipici della produzione kinghiana precedente.
Se guardiamo la vastissima mole dell’opera del Re del brivido, infatti, su quasi ottanta romanzi originali e senza contare le raccolte di racconti, quelli in cui la trama non include elementi soprannaturali o fantastici sono una assoluta minoranza.
Vengono in mente solo Ossessione (1975), rinnegatissimo dal suo autore dopo la strage di Columbine, il dimenticabile Uscita per l’inferno (1981), Misery (1987), Dolores Claiborne (1993), il mediocre Blaze (2007), Mr. Mercedes (2014), Chi perde paga (2015), titolo inspiegabilmente scelto per sostituire il ben più significativo originale Finders Keepers, Billy Summers (2021) e questo Holly (2023).
In pratica la metà delle sue opere che potremmo definire non sovrannaturali appartiene agli ultimi dieci anni della sua produzione. Un cambiamento ancora più importante se pensiamo che la protagonista ricorre in due di queste.
Da una parte c’è sicuramente l’esigenza di non fornire giustificazioni mistiche ad un tema, quello del cannibalismo, che non fatica certo a trovare riscontri nella cronaca nera e che non merita di ricevere una attenzione meno che critica da parte di un autore tanto influente.
Dall’altra sembra però esserci di più.
Partiamo dai luoghi. La città in cui la storia è ambientata non ha un nome ma, se ne osserviamo la geografia e la toponomastica, non sembra discostarsi troppo da Derry, Castle Rock o le altre città elette da King come simbolo e paradigma della società americana.
Red Bank Avenue, il Deerfield Park, “La Macchia” sono luoghi ageografici che abbiamo incontrato con nomi diversi lungo tutta la produzione del Re. Ciò che cambia, in questo caso, è il senso di decadenza. Red Bank Avenue è piena di buche, l’asfalto screpolato, l’officina chiusa che non riaprirà, un Jet Mart anonimo come ultimo presidio di umanità in una zona (potremmo dire in un Paese) che sembra destinata ad abbandono e incuria.
Non c’è, in questo non-luogo, una libreria, un commerciante entusiasta, un segno o una speranza di ripresa, tutte ambientazioni tipiche della produzione di King. Le persone che Holly Gibney incontra hanno, tutte, opinioni polarizzate dalla politica, dai social e dalle polemiche sul Covid da cui anche la protagonista non riesce a liberarsi.
In un mondo polarizzato così nettamente, sembra dirci l’autore, diventa impossibile non prendere una posizione, ma arrendersi a questa necessità segna un confine insuperabile.
Nel mostrarci una America divisa, involuta, decadente, Stephen King scomoda per l’ultima volta e consegna all’oblio il simbolo per eccellenza del sogno americano, il Drive In che ha popolato molti dei suoi primi romanzi, luogo dedicato ai classici dell’orrore cui la sua intera produzione si è ispirata, replicandoli e ampliandone il numero.
Il Drive In è un elemento chiave della cultura pop americana degli anni cinquanta e sessanta, vissuta in prima persona da quel gruppo di creativi che l’hanno poi tutti rievocata a più riprese nelle loro opere come simboli di quella spensieratezza, speranza e promessa di abbondanza che hanno accompagnato quel periodo straordinario.
George Lucas, che prima di Guerre Stellari era diventato famoso per American Graffiti (1973) in fondo è nato nel 1944, Steven Spielberg nel 1946, Stephen King nel 1947.
Insieme, questi tre creativi hanno generato gran parte dell’immaginario che ha pervaso gli anni ottanta, un immaginario intriso di nostalgico ottimismo verso quel mondo di cui King rappresenta forse “La metà oscura” e la cui fine aveva in qualche modo preconizzato fin dai tempi de La zona morta (1981).
SPOILER ALERT!!! Proseguite a vostro rischio.
In Holly gli anni sessanta, quelli della crescita, dell’abbondanza, dell’ottimismo, delle infinite possibilità che nello yuppismo degli anni ottanta si sono riflessi come in uno specchio distorto e nell’abbondanza dei primi novanta hanno vissuto un ultima eco, sembrano ormai sepolti insieme al senso di comunità, imploso nelle opinioni contrapposte e in una diffidenza diffusa.
Il Drive In ormai è chiuso e il male si annida in personaggi tipicamente affidabili, una coppia di anziani professori apparentemente “Liberal” che in altre storie e contesti Kinghiani avrebbero ben potuto popolare le fila dei “buoni”.
Allo stesso modo il male, che nella quasi totalità delle opere precedenti è affidato ad attori alieni (It, l’uomo che cammina, gli alieni di Tommyknockers ma anche le presenze di Shining o i vampiri psichici di Dr. Sleep), qui appartiene interamente alla natura umana.
Holly è anche e forse soprattutto rappresentazione di uno scontro che è impossibile chiamare solo generazionale.
È lo scontro tra le élites e il resto di noi, rappresentato simbolicamente da una coppia di anziani che decidono di predare i giovani della loro vita e della loro carne nella illusoria speranza di prolungare la propria esistenza.
Il riferimento ad una classe politica geriatrica e al capitalismo selvaggio che ha imposto ai giovani e meno giovani il debito di un cambiamento climatico sono evidenti e questo romanzo di Stephen King, 76 anni lo scorso 21 settembre, appare anche come una lettera di scuse per ciò che la sua generazione aveva promesso e non è riuscita a mantenere.
Cattivi, diabolicamente egoisti e ottusi i due villain, quindi.
E negativa la madre di Holly, il cui funerale apre il libro, che le ha sottratto una cospicua eredità pur di tenerla economicamente legata a sé, sperando nel fallimento della sua agenzia di investigazioni.
L’unica luce di speranza è rappresentata ancora una volta dalla scrittura, quella di Jerome, che si appresta a una carriera da romanziere, ma ancora di più da quella di Barbara, che si avvicina alla poesia grazie alle cure dell’unico anziano positivo del racconto, la poetessa Olivia Kingsbury, quasi centenaria, che proprio a lei sembra cedere il testimone dell’unico strumento di salvezza che abbiamo a disposizione: la poesia come consapevolezza di sé, dei propri limiti e del proprio ruolo nel mondo come unico mezzo per trascendere l’egoismo, rendere grazie del proprio tempo e dare un senso al nostro passaggio terreno.
Editore: SPERLING & KUPFLER
Traduzione: Luca Briasco
Genere: Thriller
AUTORE
Stephen King è autore di romanzi e racconti best seller che attingono ai filoni dell’orrore, del fantastico e della fantascienza, ed è considerato un maestro nel trasformare le normali situazioni conflittuali della vita – rivalità fra coetanei, tensioni e infedeltà coniugali – in momenti di terrore.
Quando è ancora piccolo, sua madre deve far fronte a grandi difficoltà, perché il padre uscito di casa per fare una passeggiata non fa più ritorno.
Nel 1962 inizia a frequentare la Lisbon High School e comincia a spedire i suoi racconti a vari editori di riviste, senza però alcun successo concreto. Conclusi gli studi superiori entra all’Università del Maine ad Orono, dove gestisce per un paio d’anni una rubrica all’interno del giornale universitario.
Nel 1967 termina un primo racconto breve a cui fa seguito, qualche mese dopo, il romanzo La lunga marcia che riceve giudizi lusinghieri.
Sottopone Carrie alla casa editrice Doubleday e ottiene un assegno di 2500 dollari come anticipo per la pubblicazione del romanzo.
A maggio arriva la notizia che la Doubleday ha venduto i diritti dell’opera alla New American Library per 400.000 dollari, metà dei quali spettano di diritto all’autore. Così, a ventisei anni, Stephen King lascia l’insegnamento per dedicarsi alla professione di scrittore. Da quel momento la sua carriera non avrà più interruzioni
Nel 1971 si sposerà con Tabitha, conosciuta due anni prima lavorando nella biblioteca dell’Università. Con un’operazione innovativa, il 14 marzo 2000 diffonderà esclusivamente su Internet il racconto Riding the Bullet.
Nell’autunno dello stesso anno pubblicherà On writing: autobiografia di un mestiere, un’autobiografia e una serie di riflessioni su come nasca la scrittura. Tra i suoi libri più noti si ricordano Shining (1976; il film, del 1980, venne diretto da Stanley Kubrick); La zona morta (1979; versione cinematografica del 1983, per la regia di David Cronenberg).
Christine la macchina infernale (1983; il film, dello stesso anno, è di John Carpenter); It (1986, il film è del 1990); Misery (1987; noto in Italia con il titolo Misery non deve morire, la pellicola è stata realizzata da Rob Reiner nel 1990), Mr Mercedes (2014). Tra gli altri ricordiamo: Cuori in Atlantide (2000), La casa del buio (2002), Notte buia, niente stelle (2010), Chi perde paga (2015), Fine turno (2016), The Outsider (2018), Elevation (2019), L’istituto (2019), Later (2021), Fairy Tale (2022) e Holly (2023). È del 2016 la nuova edizione aggiornata di Danse macabre, pubblicato da Frassinelli con l’introduzione e cura di Giovanni Arduino.
A Stephen King è stata assegnata nel 2003 la National Book Foundation Medal per il contributo alla letteratura americana, e nel 2007 l’Associazione Mystery Writers of America gli ha conferito il Grand Master Award.