Guerra!
Non vi sia esitazione veruna nell’appoggiarsi al compagno in momento di difficoltà, durante la battaglia.
Non è ammessa vergonza o verecondia che dir si voglia.
Ci si affiderà al più prossimo dei commilitoni come ad un fratello – anzi: meglio che ad un fratello. Come ad una madre e ad un padre.
Nel macello delle sciabolate e lanci di frecce si tenga comunque sempre la parte tenuta dai familiari e dai commilitoni fino all’estinzione dei medesmi: poi l’imperativo è difendere l’Imperatore. A costo di torture inaudite, a costo della vita.
Dopo la guerra si terrà un rinfreschino con prodotti locali. Vi aspettiamo nombreuses. Sei talleri l’ingresso.
Tanti tanti formaggi puzzoni.
Scusami,
è che stasera non mi va di parlare, non mi viene niente, nemmeno quando faccio finta di essere un giapponese e ti inondo le recchie di sillabe indecise, roboanti, retroflesse e ritorte come le radici della mangrovia, non viene nulla a parte questo silenzio carico di menzogne antiretoriche, perché è vero che la retorica serve a riempire il silenzio assoluto, come lo zero assoluto dell’azoto quando si trasforma e tracima liquido come la Fanta, ma a parte la retorica vorrei sapere cosa c’è, che a tratti mi viene in mente che non ci sia nulla a parte la forma, a parte le figure.
Ma forse anch’io son parte di questa farsa, io tutto, comprese le mutande lerce che non mi cambio dalla Quaresima del settantasette, io iperbole, climax, io litote e sineddoche, io hapax legomenon, tutto anafora perifrasi epiteto e sinatra