Goliarda Sapienza a un Secolo dalla sua nascita

Goliarda Sapienza e il quartiere come musa ispiratrice

Goliarda Sapienza

Goliarda Sapienza nasce a Catania, nel quartiere popolare di San Berillo, il 10 maggio 1924.

La sua è una famiglia allargata. Il padre, Giuseppe Sapienza, professione avvocato e antifascista, era vedovo e padre di tre figli, tra cui Goliardo, ucciso dalla mafia; la madre, Maria Giudice, attivista, socialista, scrittrice e giornalista, aveva avuto sette figli dal primo compagno, morto durante la Prima guerra Mondiale. I due si conoscono in Sicilia dove la donna era stata mandata dal sindacato per attivare le donne lavoratrici dell’isola.

Durante i primi anni gireranno tra varie abitazioni (una delle case verrà data alle fiamme dai fascisti) per poi stabilirsi nel cuore di San Berillo. Qui la piccola Goliarda cresce tra viuzze, profumi, sapori, teatro e cinema. I genitori decidono di non mandarla a scuola per evitare che la bambina ascoltasse propagande fasciste durante le lezioni e perché non sopportavano le divise fasciste! Scuola diventano i genitori, i tanti fratelli e sorelle e lo stesso San Berillo che all’ora brulicava di artisti e intellettuali, commercianti, piccoli artigiani ma era famosa anche per le case chiuse che la bambina osservava con tanta curiosità.

Goliarda Sapienza

Vista la sua propensione per le arti, nel 1940, insieme alla madre, si trasferisce a Roma per frequentare la scuola di arte drammatica. Goliarda inizia così la sua carriera di attrice, soprattutto teatrale ma si cimenta anche in piccoli ruoli al cinema: recita con Blasetti, Visconti, Citto Maselli (con cui avrà una lunga relazione) e appare anche nel Kolossal Ulisse. Ma il teatro resta la sua più grande passione.

Dopo la morte della madre, Goliarda entra in depressione.

Il suo dolore la porterà anche ad accettare l’elettrochoc e tenta due volte il suicidio. L’unico conforto che trova è la scrittura: prima la poesia e poi la prosa. Il suo primo romanzo è Lettera Aperta del 1967, seguirà Il filo del Mezzogiorno nel 1969.

Goliarda scrive tantissimo ma non sempre viene compresa o accettata. Il quartiere San Berillo nelle sue opere è chiamato Civita forse per evitare questioni politico-economici; il suo romanzo più famoso, L’arte della gioia, è rifiutato ripetutamente e poi pubblicato solo in parte da una tipografia.

Dopo la fine della sua relazione con Maselli, la Sapienza si ritrova in ristrettezze economiche, lei che osservando Brancati nel periodo fascista andare a chiedere aiuto al padre per via delle ristrettezze economiche, aveva pensato che mai e poi mai avrebbe fatto la scrittrice, si ritrova, per sua stessa scelta, a vivere di solo scrittura. Si sposa con il giovane attore Angelo Pellegrino.

Si fa arrestare per il furto di alcuni gioielli (un atto più che altro di ribellione contro la sua amica che, pur essendo molto ricca, le rifiutava 100 mila lire). Sta in carcere per pochi giorni e, in quel luogo, attraverso le detenute, rivive il suo passato in Sicilia. Scrive, ritrova un linguaggio vero, meno accademico. Pubblica L’università di Rebibbia e, in seguito, Le certezze del dubbio, ma i romanzi non hanno successo.

Goliarda Sapienza, che non tornò più a Catania dopo lo sventramento del suo quartiere, si trasferisce a Gaeta.

Grazie a Lina Wertmüller lavora come insegnante di recitazione nel Centro sperimentale di cinematografia. Con Angelo Pellegrino vivono due vite separate, la differenza di età e il modo di vivere di entrambi, li hanno allontanati. La scrittrice, che non smetterà mai di scrivere, morirà il 30 agosto del 1996. La trovano riversa sul pianerottolo, forse pronta per uscire, per vivere la vita e scrivere, così come amava fare, in solitudine. 

Solo postumo, per volontà di Angelo Pellegrino, il suo romanzo più famoso, L’arte della gioia, viene tradotto e pubblicato sia in Francia che in Germania. È un successo – «…narratrice meravigliosa nei suoi slanci a volte razionali, a volte passionali…» (cit. Le Monde )

Goliarda Sapienza - L'arte della gioia - ilRecensore.it

E così Goliarda torna nelle librerie italiane, e sempre grazie ad Angelo Pellegrino saranno pubblicati tutti gli altri scritti, tra cui la raccolta di poesie Ancestrale, Io, Jean Gabin (una lettera d’amore per la madre ma anche una dichiarazione della passione della piccola Goliarda che stava ore all’interno del suo cinema preferito guardando i film col suo attore preferito) e ancora Appuntamento a Positano, Tre pièces, Elogio del bar, Il vizio di parlare a me stessa

Eppure, la scrittrice siciliana soffre di quel morbo di cui soffrono tante altre autrici italiane, snobbate da un pensiero letterario maschilista, dove a essere studiati sono soprattutto gli scrittori, unica eccezione (nella letteratura del ‘900) per Elsa Morante e in parte per Natalia Ginzburg.

Anche Catania sembra non ricordare molto la sua scrittrice più ribelle, che ha scritto di questa città, delle sue viuzze e delle sue contraddizioni.

Goliarda è sepolta lontano dalla sua città natale, a Gaeta dopo che il comune evitò che i resti finissero in un ossario.

Nel 2012 una piccola piazzetta di Catania, chiamata prima “delle belle”, nascosta tra palazzi barocchi e viuzze strette, è stata dedicata a Goliarda Sapienza, è all’interno dello Street Art di San Berillo, lontana dalla zona in cui è nata e cresciuta. Un piccolo posto segreto che adesso è visitato da turisti stranieri che attraversano le stradine alla ricerca dei luoghi in cui sono stati scritti i romanzi che hanno letto.

Riviviamo la sua storia attraverso i luoghi che l’hanno vista crescere e a farci da Cicerone è Cono Cinquemani, scrittore e organizzatore delle passeggiate letterarie dedicate a Goliarda Sapienza, che ha incontrato la nostra Samanta Giambarresi

Cono Cinquemani - organizza eventi culturali - ilRecensore.it

Incontro Cono Cinquemani nel quartiere storico di San Berillo, tra quella porzione che doveva essere la City o Milano del Sud, con le sue strutture in stile brutaliste e quel che è rimasto del vecchio quartiere. A pochi passi abbiamo il vecchio cinema Mirone, oggi King e si può scorgere anche la zona in cui, un tempo c’era piazza Nicosia, dove Goliarda passava per recarsi al cinema e dove fu girata una scena del film Il Bell’Antonio con Marcello Mastroianni: sapere che proprio in quel posto sono passati un grande del cinema italiano e un’artista poliedrica mi fa sentire piccolissima ma partecipe di qualcosa. 

Samanta:«Come hai conosciuto Goliarda Sapienza?»

ConoHo conosciuto Goliarda Sapienza quando ho letto il suo romanzo più famoso, L’arte della Gioia. Non è stato un bell’incontro perché abbandonai la lettura a metà. Trovai il romanzo troppo duro e violento, un impatto troppo forte per via dell’abuso che vi è all’inizio della storia.

Quindi l’ho interrotto; ebbi la sensazione di un libro provocazione di un’attrice che si dilettava a scrivere. In seguito, l’ho rivalutata e ho riletto L’arte della gioia e, non nascondo, con molte difficoltà perché il romanzo non è semplicissimo e neanche architettonicamente facile da comprendere: ci sono molti personaggi, molti cambi di registri e luoghi. Ecco perché capii che era doveroso studiare prima di leggere questo romanzo.

Così scoprii quella che l’autrice definiva la “Biografia delle contraddizioni”, i romanzi che a partire da Lettera aperta, circa ogni dieci anni Sapienza scrive per rivedere la sua biografia.

Penso che, attraverso i suoi primi romanzi da Lettera Aperta a Il Filo di Mezzogiorno passando da Io, Jean Gabin, si comprenda meglio Goliarda.
Goliarda Sapienza- Lettera Aperta - approfondimento ilRecensore.it

Per comprendere appieno questa donna bisogna diventare un po’ Goliarda e immergersi in questa città e nel quartiere che lei descrive. Ho anche ritrovato tutti i personaggi che lei cita nei vari romanzi de L’arte della gioia. Posso dire che ho incontrato Goliarda con L’arte della gioia e l’ho conosciuta con L’arte della gioia.»

S.:«Come hai scoperto il vero luogo di nascita di Goliarda? Alcuni affermavano fosse nata nella sua casa in via Pistone, chi citava altri luoghi e invece, poi, si è scoperto che il luogo di nascita è proprio questo storico palazzo»

ConoNasce proprio qui in questa piazza nel 1924 nel palazzo Fischetti, al numero 13. I genitori vivevano già qui dal 1921. La confusione nasce perché poi girarono varie abitazioni per poi approdare in via Pistone. Non si era approfondito abbastanza, bastava recarsi al comune di Catania e richiedere l’atto di nascita per scoprire che è nata qui. Altra difficoltà è il giorno di nascita.

Goliarda afferma di nascere il 10 maggio, ma all’epoca capitava spesso che si veniva registrati dopo il giorno della nascita.

Abbiamo anche fatto fatica a trovare piazza Cappellini perché non sapevamo che il nome della piazza era stata cambiata! Adesso quell’atto di nascita si trova negli archivi dei documenti dedicati a Goliarda. Il luogo dove è nata Goliarda adesso è un B&B»

Samanta:«La famiglia di Goliarda era particolare e numerosissima (7 figli aveva avuto già Maria Giudice e 3 invece Peppino Sapienza), adesso si chiamerebbe una “famiglia allargata”. Questa grande famiglia quanto ha influenzato la sua arte?»

Catania - Goliarda Sapienza - ilRecensore.it

ConoLa famiglia di Goliarda dona ma contemporaneamente toglie! Soprattutto la madre. I genitori erano due antifascisti e attivisti. Il padre era chiamato “l’avvocato dei poveri”, la madre era la prima sindacalista donna in Italia. Goliarda nella sua biografia parla spesso della madre, di questo suo attaccamento e amore che sconfinava da quello materno. Maria Giudice sembra una donna perfetta, irraggiungibile, caratterizzata da un’integrità fuori dal comune. Prima di occuparsi dei suoi figli, affermava la Giudice, si doveva occupare dei figli degli altri e quindi di tutto il quartiere, si alzava prima delle madri del suo quartiere e accompagnava personalmente i bambini a scuola, viveva dell’esempio che dava e per difendere le sue idee collezionò ben 10 anni di carcere. Il personaggio di Maria Giudice è importante soprattutto nella poetica della figlia Goliarda.»

S.:«Madre e figlia hanno un po’ subito lo stesso destino. La Giudice, prima attivista femminista italiana, è stata dimenticata!»

ConoLa storia di Goliarda e della sua famiglia seguono e subiscono la storia italiana del ‘900 e quindi i successi e gli insuccessi derivano proprio dall’andamento storico e politico della nazione. Peppino Sapienza sarà in prima linea durante quel duro periodo che è il ventennio. Il numero 13 di questa piazza era laboratorio civico e politico ma anche poetico per Goliarda.»

Samanta:«Torniamo al rapporto con la madre e quello che rappresenta per la scrittura di Goliarda»

ConoGoliarda nella madre vedrà la perfezione ma anche tutte le fragilità e per salvare la madre e per spiegarlo, avrà bisogno di un libro intero, Io, Jean Gabin, dove dirà che, vuole trasformarsi in Jean Gabin perché il suo desiderio più grande era salvare la madre da tutto il resto, quindi anche dal padre, dal quartiere e gli eventi esterni. Goliarda soffrirà delle fragilità della madre che passerà gli ultimi anni internata a causa di problemi psichiatrici.

Maria Giudice, oltre che giornalista, scriveva poesie e una delle sue poesie, La spiga, sarà ripresa nella poesia A mia madre (raccolta Ancestrale) facendo tutta una trasposizione volta a dire come Maria Giudice, più degli altri, influenzerà la sua poetica. Ma anche il resto della sua famiglia e soprattutto il suo quartiere hanno influenzato artisticamente la scrittrice»

Goliarda Sapienza - Catania

S.:«Facciamo un salto temporale e parliamo della permanenza in carcere di Goliarda. In un’intervista lei afferma che quell’esperienza è riuscita a donarle ispirazione e riscoprire un modo genuino di scrivere, poiché la sua scrittura si era imborghesita e diventata un po’ accademica. Anche lo stesso marito, Angelo Pellegrino, afferma di essere andato a trovarla e averla trovata impegnata a scrivere»

ConoCi sono due momenti della scrittura di Goliarda, il primo e il dopo il carcere. Goliarda arriverà ad affermare che il furto e tutte le tracce (forse anche ingenue) che disseminò per farsi scoprire, nascondevano la volontà di vivere un’esperienza forte che la riportasse sulla scrittura e che ripulisse la sua scrittura che si stava imborghesendo.

Lei sostenne di aver fatto questo per ritrovare una natura più genuina e raccontare delle storie vere. Questo è vero fino a un certo punto perché ella in carcere ci rimase pochissimi giorni. Per quanto avesse capacità immersive non sono quei giorni che cambiano radicalmente una scrittura.

Sostengo che la sua scrittura sia rimasta straordinaria e rivoluzionaria.

Sono convinto che Goliarda abbia fatto di tutto per andare in carcere, per saldare un conto con i genitori, ma anche con i fratelli. L’esperienza del carcere (per motivi politici) era una sorta di cartina di tornasole per misurare la loro prova di antifascisti e rivoluzionari. Il loro motto era: non si conosce una società senza i suoi carceri, ospedali e manicomi»

Samanta:«Quindi il movente è da ricondurre alla famiglia? Era disperata, rischiava di perdere la casa e non riusciva a farsi pubblicare L’arte della gioia…»

ConoCerto, come conferma anche Angelo Pellegrino, vivrà di stenti, e vivrà anche l’ultimo periodo della sua vita da sola (quindi anche su questo matrimonio ci sarebbe tanto da dire…).

Lei andrà in carcere per saldare un conto con la madre e poter dire che anche lei era stata in carcere. In quel luogo avrà la conferma di quei personaggi che già conosceva, perché le donne che lei incontra che entrano ed escono dal carcere, che mangiano pane e carcere, ella le aveva già conosciute a San Berillo dal 33 in poi, quando il padre inizia a fare l’avvocato dei poveri e in casa arrivano le moglie dei detenuti per essere aiutate; non era una donna che arrivava, che ne so, da Oslo e non aveva mai conosciuto l’indigenza. La sua università, prima che Rebibbia, fu San Berillo e la Civita. Però, diamo per buono quello che dicono gli studiosi, pur aggiungendo i nostri punti di vista»

Samanta:«A un tratto, nella vita della piccola Goliarda, arriva il teatro. Come avviene questo incontro?»

Goliarda Salienza - i suoi luoghi - Catania ilRecensore.it

ConoQuando vive in Piazza Manganelli, intorno al 1931. Frequenta sia l’opera che il teatrino dei pupi, quest’ultimo con il padre, all’opera con i fratelli. Ma la sua vera esperienza teatrale inizia al cinema, quando si trasferiscono in via Pistone.

In questo periodo, per evitare che la bambina fosse coinvolta nelle ispezioni della polizia fascista (la casa di via Pistone era una base segreta degli antifascisti) spesso la bambina era accompagnata o al cinema Mirone oppure al teatrino che adesso purtroppo non esiste più vittima, anch’esso, della più grande speculazione edilizia italiana.

Questo, purtroppo, contribuisce a ostacolare la narrazione della letteratura di Goliarda e di altri che hanno scritto su San Berillo tra cui Patti, Addamo e Brancati.

Interessante come prima arrivi l’amore per il cinema e poi quello per il teatro. Già a nove anni veniva stazionata al cinema Mirone (oggi King) o al teatrino degli Insanguine, accompagnata o, meglio, scortata da bodyguard ante litteram che potevano essere amici del padre, ma spesso era gente, clienti del padre che, non avendo soldi per pagarlo, si offrivano da baby sitter per la piccola Goliarda.

Tutti i film li vedeva dal loggione in alto così da permettere a chi l’accompagnava di stare all’esterno e tenere la bambina sottocchio. Al cinema Mirone lei comincia a scoprire i primi artifici dello spettacolo e scopre l’opera teatrale, ma dal fuoriscena, iniziando a lavorare nel dietro le quinte, a creare pupi, creare i vestiti, incomincia a conoscere i rudimenti del teatro, su come proiettare la voce.

È una gavetta, un’esperienza lavorativa che inizia a soli 9 anni sotto la guida di Nino Insanguine. Per Goliarda questa figura è così importante che lo possiamo ritrovare sia nei romanzi biografici ma anche ne L’arte della gioia, in maniera romanzata

Samanta:«Se non ricordo male vi è una pupa con le sembianze di Goliarda»

ConoSì. Insanguine diceva che Goliarda non aveva un viso regolare della bellezza di Angelica ma le dedica un’Angelica col suo profilo. È quell’Angelica che siamo riusciti a recuperare in una collezione privata di Giacomo Iudice di Caltagirone. Vi è un’edizione di Lettera Aperta che nella copertina vi è la foto di una pupa, un’edizione con prefazione di Dacia Maraini, ma non è quella dedicata alla scrittrice»

Samanta:«Goliarda in una sua intervista racconta di come, da bambina, non volesse fare la scrittrice. Ogni tanto andava a far visita al padre Brancati che in quel periodo non se la passava proprio bene. Eppure, racconta sorridendo, ci è cascata pur sapendo che scrivere non ti fa diventare ricco. Pur essendo un personaggio di una certa importanza e con conoscenze importanti, come mai dopo i primi due romanzi non riuscì più a pubblicare per tanto tempo? Cosa avvenne? Pregiudizi, una scrittura troppo rivoluzionaria…»

ConoÈ un problema che, a parer mio, continua a esistere anche adesso nel 2024. Se pensiamo al canone femminile letterario italiano, limitandoci al solo ‘900, nella migliore delle ipotesi, vengono trattate quattro autrici su trenta, nelle peggiori delle ipotesi 1 su 31 e mi riferisco a Elsa Morante. Viene insegnata nelle scuole, delle altre meno e quindi, banalmente, Goliarda fa parte delle altre 30 che non vengono considerate e studiate a scuola.

Il canone letterario italiano ha questa grossissima falla. Non penso sia solo un problema di censura o di volontà a censurare alcune autrici, ma solo strutturale, fino a quando si darà spazio solo agli scrittori, va da sé che molta letteratura italiana non verrà trattata.

Con Goliarda Sapienza a questo si aggiunge che, dopo la fine del fascismo, ci sarà un altro tipo di censura perché con la volontà di proteggere una certa cultura ci sarà un controllo specifico su tutto ciò che sarà scritto.

Di questa censura saranno vittime anche altri scrittori, sia uomini che donne. Far parte di una frangia politica significa anche allinearsi a una frangia politica, e fintanto che questo allineamento funziona l’artista viene ritenuta tale, quando l’artista si allontana da quel movimento, viene messo in ombra.

Questa è la storia editoriale di Goliarda Sapienza: con Lettera aperta e con Il filo di Mezzogiorno era entrata a pieno diritto tra le dee dell’Olimpo della scrittura, subito dopo verrà estromessa perché non frequenterà più i salotti che frequentava prima, verrà estromessa perché la sua scrittura non accettava compromessi, verrà estromessa anche per il tipo di storie che voleva narrare.

L’arte della gioia era un libro fortissimo per i temi trattati e questa fu la scusa che consentì a chi decideva le sorti della letteratura del tempo di estromettere Goliarda Sapienza.

Subito dopo gli anni ’80, dopo che esce dal carcere, e vent’anni dopo la stesura de L’arte della Gioia, un comitato di donne fece di tutto e fondò anche una casa cinematografica per realizzare un film per la RAI del romanzo, ma appena la sceneggiatura arrivò fu scartata. Solo quest’anno vedremo al cinema e in tv L’arte della Gioia

Samanta:«Quindi il grande problema della scrittrice Goliarda Sapienza fu quello di non allearsi con nessuno?»

ConioLei non si allineò. Da questo punto di vista ad allinearsi fu Angelo Pellegrino, che a un certo punto, dopo venti anni, stimolò Goliarda a suonare il campanello del presidente Pertini, o andare alla Feltrinelli o case editrici dove Goliarda poteva accedere. Però Goliarda scriveva per liberarsi dei suoi mostri, per sé stessa; erano gli altri che volevano trasformarla in una scrittrice di grido, erano gli altri che volevano strillare i titoli di Goliarda. L’autrice, quando ebbe l’occasione di andare da Natalia Ginsburg, dietro suggerimento del marito, andò ma le due donne parlarono tutto il tempo del marito della Ginsburg, Leone e di Peppino Sapienza.

Goliarda avrebbe avuto la possibilità di trovare una via preferenziale per pubblicare il suo romanzo e forse ci sarebbe anche riuscita, ma credo che, e in questo era molto simile a sua madre, la sua integrità la portò a vivere nell’indigenza, vendendo anche i suoi quadri di pittori famosi agli amici o tornando a insegnare recitazione, piuttosto che piegarsi alle dinamiche dell’editoria contemporanea.

Le fu chiesto anche di ridurre molto il romanzo e lo ha raccontato tante volte Angelo Pellegrino che poi curò l’editing de L’arte della Gioia, ma Goliarda si oppose»

Catania - Goliarda Sapienza - ilRecensore.it

Samanta:«Modesta può essere considerata, come alcuni affermano, la figlia che Goliarda Sapienza non ha mai avuto?»

ConioSì, esatto. Modesta rappresenta la figlia che non ha mai avuto, la madre che non ha mai avuto, la sua parte inconscia che non riuscì a liberare. Modesta rappresenta tutte le donne. In Modesta abitano tutte le donne di Goliarda. Su questa censura di cui si parla ci sono degli stereotipi che vanno rivisti perché lei con Lettera aperta e Il filo di Mezzogiorno aveva avuto il suo successo.

Era stata già annoverata tra le migliori scrittrici ed era anche considerata poetessa, o come direbbe la Merini, una poeta. Far passare Goliarda Sapienza come la donna che non riuscì a scrivere per 20 anni è sbagliato. L’arte della gioia ebbe delle difficoltà anche per i temi trattati. Tuttora è difficile leggerlo. Non fu sempre facile ma il suo successo da viva riuscì a ritagliarselo

Samanta:«Possiamo affermare che la grande musa ispiratrice di Goliarda Sapienza sia San Berillo?»

San Berillio - catania -

ConioSì, lo è stato,., come lo è stato per Brancati, Patti e Addamo. Lo è stato a tal punto da trasformare questo “disgraziato” quartiere nel quartiere più rappresentato della letteratura italiana. Non c’è un altro quartiere italiano che è stato messo così spesso nero su bianco nelle pagine. Però questo i catanesi non lo sanno o non vogliono sapere. Un quartiere che doveva essere difeso.

Goliarda Sapienza lasciò San Berillo nel 1941 quando il suo San Berillo, o come la chiama lei Civita, era ancora integra e tra le pagine dei suoi romanzi scopriamo che San Berillo non era quel quartiere che aveva bisogno di essere risanato, come in passato era avvenuto per altre vie.

Non era un quartiere da sventrare e rifare. Non volevano ridare dignità alle famiglie che abitavano queste vie, perché vennero prese e portate altrove. Quella che loro chiamano rinascita di quest’aria è eliminazione della storia e quindi anche delle pagine dei romanzi di Goliarda Sapienza.

Tra quelle pagine si vivono le storie dei 30 mila abitanti che furono deportati. Tra le sue pagini abbiamo artigiani, maestranze che anche lei frequentava, sedialori, i gelsominari… e a proposito di questo tipo di mestiere, ormai scomparso, ella attribuisce proprio al gelsomino una trasposizione metaforica di odori e di sapori e anche esoterica.

Catania- Piazza delle belle - Goliarda Sapienza - ilRecensore.it

È sempre lei che afferma che il quartiere era tra i più perfetti, disegnato e creato da Vaccarini (architetto italiano che ricostruì Catania dopo il terremoto del 1693) che tra quelle pagine, diventa personaggio mitico e viene utilizzato da Goliarda come escamotage per raccontare, già nel 1967 di temi che oggi sembrano modernissimi, come le teorie gender.

Attraverso Vaccarini – l’architetto della lava – riuscì a descrivere tutti i generi che oggi si fa fatica a raccontare. Era lei che nel raccontare il quartiere diceva che Vaccarini, ogni tre lune, trasformava i corpi da donne a uomini e da uomini a donne e chiunque volesse rinascere in un nuovo corpo poteva aspettare Vaccarini che arrivava per trasformarli come le maschere che opponeva nei vari palazzi.

Va detto che oggi ci sono tre San Berillo: quella sventrata con le voragini ancora presenti, la San Berillo cara alle guide turistiche nella San Berillo District e poi abbiamo la vera San Berillo, quella che è rimasta intoccata dallo sventramento, semi abbandonata a sé stessa, i vicoli stretti, le vecchie case stile barocco.»

Samanta:«Goliarda Sapienza muore lontano dalla sua città, non tornerà più dopo lo sventramento perché non trova più le sue vecchie strade che amava. Morirà sola a Gaeta che più di Catania sembra volerle bene»

ConioGoliarda è rimasta in balia delle onoranze funebri. Non aveva un luogo dove essere tumulata. Solo nel 2006 (10 anni dopo la morte), e non per volontà di Angelo Pellegrino, il comune di Gaeta ha preso i resti e le ha dedicato una lapide. Goliarda Sapienza non merita questo trattamento. E lo ripeto a tutti sia amici che a chi viene a fare le passeggiate (le passeggiate letterarie dedicate alla scrittrice), Goliarda Sapienza va letta, almeno leggere Lettera Aperta. Con questa lettura possiamo scoprire tante bugie che ci sono state raccontate e che ancora raccontano

Samanta:«Nei suoi romanzi la scrittrice parla del suo quartiere chiamandolo Civita, che è un altro famoso quartiere di Catania. Come mai si è scelto di chiamarlo così? Una scelta editoriale?»

ConioVi sono diverse ipotesi su questa scelta. La prima e la più semplice è quella di evitare di far riferimento a San Berillo perché in quel momento storico non aveva una bella nomea a causa dello sventramento; altri affermano che la scelta del nome Civita avviene in primis perché rientra in tutta l’area del centro storico ma, soprattutto, perché nella parola Civita è racchiusa il cuore di ciò che vuole raccontare Goliarda Sapienza, ovvero la civiltà»

Grazie mille Cono Cinquemani!

Cono Cinquemani nasce a Piazza Armerina nel 1980.

Dal 2018 con la sua Ambulanza Letteraria organizza eventi culturali negli oltre cinquemila comuni italiani sprovvisti di librerie e biblioteche. Dal 2020 ricopre la carica di presidente per Lab5, Associazione culturale che si occupa dell’importanza della filosofia, ecologia e letteratura nelle comunità.

Periodicamente organizza le Passeggiate Letterarie dedicate a Goliarda Sapienza e i luoghi che la scrittrice descrive nei suoi romanzi.

Autore

  • Samanta Giambarresi

    Siciliana con la predilezione per gli scrittori siciliani. Ho scoperto la passione per la lettura quando mia sorella mi ha letto la novella La Giara di Pirandello. I libri sono mondi da scoprire, dove una storia bellissima, segreta, si svela pagina dopo pagina. Ho iniziato a scrivere recensioni nel 2006 per una rivista letteraria. Ho collaborato con varie riviste letterarie e case editrici. Scrivo e leggo ascoltando musica. Adoro accompagnare la lettura con bevande calde (che spesso si raffreddano mentre sono immersa nella lettura!)

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