Animali notturni di Carlotta Vagnoli - Abbiamo letto - ilRecensore.it
Animali notturni di Carlotta Vagnoli - Abbiamo letto - ilRecensore.it

Animali Notturni di Carlotta Vagnoli

Animali notturni

Se hai vent’anni negli anni Zero, le possibilità sono poche. Il mito del lavoro in giacca e cravatta, con mutuo e aspirazioni borghesi, è pura utopia. Vale anche a Milano, che però vive una doppia esistenza: di giorno è la città grigia degli uffici e del fatturato, dopo il tramonto diventa una metropoli seducente alla quale abbandonarsi. E allora, dato che il futuro non è piú un’opzione, non rimane che la notte. E con la notte la musica, l’alcol, la cocaina, i pr, le cubiste, i buttafuori e le file davanti ai locali.

È in queste serate che conosciamo Mick, il principe delle feste, e Mon Chéri, che si guadagna la vita facendo lap dance.

E poi c’è una ragazza coi capelli rossi che in quel mondo luccicante e bizzarro vorrebbe disperatamente capire chi è davvero. Insieme agli animali notturni ci spostiamo in sciame: dai bar dove sbronzarsi ai club sotterranei, dall’aria umida dei night agli after negli appartamenti mentre fuori è già l’alba.

L’obiettivo è partecipare a un party lunghissimo, infinito, perché se tutti quanti lo desiderano nello stesso istante, magari il giorno dopo il sole su Milano non sorgerà. Ma quando le persone cominciano a buttarsi dai palazzi, e quando la presenza di un predatore sessuale genera un clima di psicosi, gli animali notturni capiscono che il loro territorio è sotto attacco. Con la sicurezza di chi quegli anni se li è bevuti alla goccia, Carlotta Vagnoli cattura la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra. Quando i cellulari avevano ancora i tasti veri, Facebook muoveva i primi passi e si restava in contatto su Myspace.

Dopo aver trovato le parole piú efficaci per raccontare il femminicidio e la violenza di genere, con questo romanzo lisergico Vagnoli dà voce a una generazione perennemente esclusa, sfruttata, messa da parte: quella dei millennials. La prima vera fotografia a frantumi di ragazze e ragazzi che qualcuno, un giorno, ha deciso di masticare e sputare via senza nemmeno guardare negli occhi.

Recensione

“L’unico modo per vivere un libro è non avere mai paura del buio in cui vuole trascinarvi” scrive l’autrice sulla propria vetrina Instagram, parlando di questa opera.

Animali notturni, come le creature dalle quali prende il titolo,  vuole fare proprio questo: azzannarvi alla gola e trascinarvi nell’oscurità e, durante la lettura, arriverete a desiderarlo più di ogni altro epilogo.

Come un’ipnotica spirale discendente, l’opera ci immerge nelle profondità di una precisa sottocultura, nel primo decennio del secondo millennio. Non manca niente di quello che si cerca in un trattato di antropologia: riti tribali, linguaggi e immagini archetipe, inquietudini esistenziali, modi di vivere e sopravvivere, fini gloriose. 

Un po’ manifesto generazionale, un po’ pulp, anche un po’ racconto autobiografico, la trama segue la successione delle storie di tre personaggi, che si incrociano, uno nella scenografia dell’altro, come le sezioni di una treccia, e, solo alla fine si riuniscono in una conclusione straniante.

«Era primavera, stavamo cadendo e lo sapevamo perfettamente»

Illuminati dai neon acidi, respirando l’aria umida e densa dell’odore dei corpi che ballano appiccicati sulla pista del Plastic, veniamo a conoscere, e a comprendere, la paura di essere invisibili, di rimanere outliers, di cui soffre la prima generazione ad utilizzare i social. Stretti nell’outfit distintivo della propria tribù, frequentano i templi della loro religione pagana, fatta di musica indie, droga, giri giusti in cui dimostrare il proprio riscatto sociale.

Si vive di notte, in questa Milano, parallela a quella della Borsa, degli affari e dei palazzi grigi dove si stringono mani, mentre di giorno i nostri protagonisti non riescono a dormire, schiacciati dalla paranoia, mentre refreshano una pagina web in attesa delle foto della sera prima.

Potrebbe essere una semplice raccolta di cronaca notturna, questo libro, e sarebbe comunque piacevole da leggere, ma decide di non tirarsi indietro di fronte all’impegno che gli viene richiesto dalla generazione più consapevole, più istruita, più sensibile e assolutamente più disillusa che abbia mai camminato in Porta Romana. 

E allora ne parla, parla di tutto Animali notturni: parla del mondo del lavoro, martello che batte sull’incudine di vite sempre più in bilico, tirate avanti dalle buste di contanti consegnate a fine serata.

Parla delle promesse fatte e mai mantenute da un mercato che ti chiede percorsi di studio sempre più lunghi e frustranti, salvo poi sbatterti in faccia che se non hai esperienza lavorativa non puoi aspettarti niente, e poi ormai hai trent’anni, è tardi (tardi per cosa?). 

Poi parla del cambiamento climatico, e di com’è vivere con un orologio che ticchetta nella testa e con il pensiero incontrollabile che qualsiasi cosa tu faccia non importa, perché tanto finirà male per tutti. Parla di una città sempre più gentrificata, che sputa fuori i propri stessi abitanti, a suon di affitti folli per buchi invivibili. 

Parla dell’impegno civile, e di come, l’unica volta che si è organizzato per diventare movimento di massa, è stato piegato dalle manganellate e dai lacrimogeni, a Bolzaneto, nella Diaz e nelle strade di Genova, e poi sedato da piazze riempite artificiosamente di droga. 

E allora non rimane che stordirsi, in un vortice dove ogni cosa non è altro che un catalizzatore sociale: si beve, si fuma, si pippa, si scopa, solo per intessere reti sempre più fitte di relazioni interpersonali vuote di qualsiasi significato, per avere una cassa di risonanza per la propria identità che è sempre più una facciata. Per illudersi che qualcosa abbia ancora un senso.

«Ci hanno tolto tutto e adesso ci danno pure la colpa»

E poi inizia la tragedia, quella che fa notizia: i ragazzi e le ragazze iniziano a cadere, dai palazzi, dai ponti, dalle impalcature, dalle banchine della metropolitana. Quando il senso crolla, a far precipitare anche tutto il resto ci vuole poco. Non si tratta più di ottundere i sensi e spegnersi nelle luci strobo riflesse nel retro di un locale, per poi ritrovarsi la mattina successiva, più angosciati, più schifati, più incastrati della sera precedente. Si cerca una soluzione definitiva a un problema nato storpio, in quanto privo di soluzione. L’unica via d’uscita di un sistema fatto per lasciarti fuori. 

C’è anche un predatore, in questa storia.

Uno di quelli che strisciano nell’ombra, forti della loro invisibilità, e terrorizzano gli animali notturni, che, per difendersi, serrano i ranghi. Un predatore capace di cambiare le abitudini del popolo della notte, con la sola minaccia del proprio nome d’arte, della bicicletta che lo porta sulle scene del crimine, del buio che lo inghiotte dopo l’ennesimo stupro. 

Solo una conclusione degna di un grande dramma in tre atti potrà liberarci da questa minaccia. E se dobbiamo qualcosa agli animali notturni, è proprio la consapevolezza che la loro storia debba essere per noi un monito. Perché possiamo costruire un futuro dove non ci sia bisogno di eroi, né martiri

Carlotta Vagnoli è nata nel 1987. Ha pubblicato Maledetta sfortuna. Vedere, riconoscere e rifiutare la violenza di genere (Fabbri 2021), Poverine. Come non si racconta il femminicidio (Einaudi 2021) e Memoria delle mie puttane allegre (Marsilio 2022).

Animali notturni (Einaudi 2024) è il suo primo romanzo.

Autore

  • Samira

    Samira nasce e cresce nella provincia fiorentina, fin da giovanissima vorace ma esigente lettrice, si interessa di numerosi generi e argomenti. In ambito lavorativo, si occupa di riabilitazione del linguaggio nell'età evolutiva e condivide con i bambini che frequentano il suo ambulatorio letture per i più piccoli. Ha conseguito un master in Linguistica Clinica, come coronamento di una formazione sia scientifica che umanistica. È impegnata nell'ambito sociale, in particolare nell'organizzazione di eventi culturali e nella gestione di spazi per la collettività.

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