Tracey Emin: Sex and Solitude

Palazzo Strozzi presenta Tracey Emin. Sex and Solitude, la più grande mostra mai realizzata in Italia dedicata a una delle più famose e influenti artiste nel panorama contemporaneo.
Curata da Arturo Galansino, Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi, l’esposizione permette di immergersi nella poliedrica attività di un’artista che spazia tra pittura, disegno, video, fotografia e scultura, sperimentando tecniche e materiali come il ricamo, il bronzo e il neon. Il titolo fa riferimento a due parole chiave, sesso e solitudine, che permeano le oltre 60 opere di un percorso che attraversa diversi momenti della carriera di Tracey Emin, dagli anni Novanta a oggi, in un intenso viaggio sui temi del corpo e del desiderio, dell’amore e del sacrificio. Molte delle opere sono presentate in Italia per la prima volta, assieme a nuove produzioni, in diversi media, realizzate in occasione dell’esposizione.
Celebre per un approccio diretto e crudo nella sua arte, Tracey Emin dà vita a opere in cui momenti intimi e privati si trasformano in metafore esistenziali che riflettono sulla sessualità o la malattia, sulla solitudine o l’amore. Attraverso una ricerca onesta e fortemente autobiografica, Emin traduce esperienze personali in opere intense e potenti, in cui il linguaggio diretto ed esplicito delle sue celebri frasi al neon si unisce alla forte materialità dei suoi dipinti e delle sue sculture – (NdR: testo reperibile sul sito di Palazzo Strozzi)
In occasione della mostra Tracey Emin. Sex and solitude, organizzata dalla Fondazione Palazzo Strozzi, aperta al pubblico dal 16 marzo al 20 luglio 2025, Marsilio Arte pubblica l’omonimo catalogo a cura di Arturo Galansino, direttore della Fondazione Palazzo Strozzi.

Il catalogo raccoglie tre ampi saggi: il primo, Sex and solitude, firmato dal curatore di mostra Arturo Galansino, approfondisce le vicende personali e professionali di Tracey Emin, secondo la quale «anche se sei con qualcuno, sei comunque solo […] credo che, per essere un artista, sia necessario avere più solitudine per creare, e con il passare degli anni desidero la solitudine più che mai» . Il secondo è un dialogo tra curatore e artista, all’interno del quale viene delineato un ampio ed intimo profilo di Emin, discutendo di sessualità, religione e letteratura.
L’ultimo saggio, la rinascita di Tracey Emin, a cura di Nicholas Cullinan, direttore del British Museum di Londra, è un omaggio alla poliedricità e alla «dedizione all’onestà» che caratterizzano l’arte di Tracey Emin, definita da Cullinan «un monumento alla verità».
Il catalogo raccoglie le immagini delle opere in mostra, suddivise in undici sezioni: opere storiche e lavori più recenti provenienti da collezioni pubbliche e private di tutto il mondo, che restituiscono l’estetica controversa e lacerante di una delle artiste che ha maggiormente segnato l’immagine della donna e il rapporto tra corpo ed esistenza nell’arte contemporanea degli ultimi trent’anni.
Il volume si chiude con una biografia riccamente illustrata di Tracey Emin e l’elenco delle opere in mostra.
L’arte rigenerativa di Tracey Emin in mostra a Palazzo Strozzi

C’è un enorme grumo di bronzo al centro del cortile di Palazzo Strozzi a Firenze: raffigura un corpo femminile a gambe divaricate, manca la testa, è una donna mutilata, una delle tante che si incontrano lungo il percorso di “Sex and solitude”, la prima mostra istituzionale in Italia dedicata a Tracey Emin, inaugurata lo scorso 16 marzo.
La scultura, intitolata I Followed You To the End, racchiude, come il titolo della mostra, i due poli centrali della ricerca dell’artista: il corpo e la sessualità da un lato, la solitudine e la vulnerabilità dall’altro. Il percorso espositivo ripercorre la sua carriera dagli anni Novanta a oggi, con opere in pittura, disegno, scultura, video e installazioni. Varie sono le tecniche e le materie utilizzate, dal ricamo al bronzo, dal neon alla tela.
Tracey Emin, nata nel 1963 in un sobborgo di Londra, ha vissuto sulla propria pelle molte delle esperienze di cui restano tracce nelle sue opere: l’abbandono da parte del padre, gli amori infelici, un tentativo di suicidio, due aborti, la depressione, il cancro.

Nel 1996, dopo un aborto e un periodo lontano dai pennelli, torna alla pittura con Exorcism the last painting I ever made (“Esorcismo dell’ultimo dipinto che abbia mai fatto”). Per tre settimane e mezzo, il tempo tra un ciclo mestruale e l’altro, si è chiusa nuda in uno spazio di una galleria a Stoccolma, trasformandolo in uno studio temporaneo. I visitatori potevano osservarla mentre dipingeva attraverso piccoli fori nelle pareti. C’è un letto sfatto, tubetti di colore, vestiti, lattine, biancheria appesa a un filo. Tutto caoticamente distribuito nell’ambiente. Dopo l’esorcismo riprenderà a dipingere.
I titoli delle sue tele sono essi stessi opere d’arte: More dreaming, Hold me, Heart land, Hurt Heart.
Cuore ferito: l’amore, per Tracey, è indissolubilmente legato allo sofferenza. I colori ricorrenti sono il nero, il rosso e il grigio; i corpi, ritratti nelle loro nudità, richiamano le figure sofferenti di Egon Schiele, ma qui sono visti con lo sguardo di chi non prescinde dal punto di vista femminile: le sue sono donne che aspettano, che si masturbano, che soffrono, spesso.
“Voglio che le persone provino qualcosa quando guardano il mio lavoro. Voglio che sentano sé stesse. Questo è ciò che conta di più”.

Alle arti tradizionalmente femminili si richiama con la serie di opere ricamate, come in “I do not expect” (Non mi aspetto, 2002), in cui l’artista riflette sulla maternità e sulla morte intrecciando frammenti di pensieri e rivendicando un modo di fare arte che unisce intimità e vulnerabilità.
Le sue opere monumentali si intrecciano a quelle di formato più piccolo, come nella serie di sculture del 2013 in bronzo, patinate di bianco, con figure femminili in miniatura accompagnate da creature selvatiche, a evocare il legame dell’artista con la natura. Il fare artistico diventa qui simile al gesto di un bambino che modella la plastilina, si avverte una fragilità e un bisogno di protezione esaltati dal bianco delle superfici.
La sua malattia diventa essa stessa spunto per fare arte.


Riflette invece su temi più spirituali (la salvezza, il perdono, l’anima) nelle opere successive al 2020, dopo la diagnosi di cancro alla vescica. Sperimenta, con le sue Crocifissioni, la tecnica del monotipo serigrafico. Malgrado il tema scelto e i colori scuri, queste opere, si risolvono in una esaltazione della vita e della sua capacità rigenerativa.
“Prima di quell’evento – ha dichiarato – la mia vita è stata difficile e infelice, ma è stato come se di colpo mi avessero levato di dosso questo peso. Da quel momento sono diventata felice. Questa per me è la fede: vivere”.
Tracey Emin

Icona della scena artistica contemporanea, è venerata in tutto il mondo per il suo sguardo crudo e sincero, senza filtri.
Tracey Emin è un’artista britannica contemporanea celebre per opere che si collocano saldamente nella tradizione femminista, con una produzione artistica che affronta senza compromessi e ipocrisie temi quali il desiderio, il corpo e la solitudine. I suoi lavori esplorano stati personali complessi, attraverso stili e tecniche apertamente espressioniste: vulnerabilità, crudezza e fisicità sono parole chiave che determinano il suo mondo artistico, in cui tenerezza e amore si accompagnano a dolore e sacrificio.
Informativa: alcune immagini non professionali sono state scattate dalla collaboratrice de ilRecensore.it