L'assedio di Helen Dunmore - Abbiamo letto - ilRecensore.it
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L’assedio di Helen Dunmore

L’assedio

Nel 1941 Anna Levin ha ventitré anni, lavora come assistente in un asilo, ama dipingere e
provvede da sola alla famiglia. Dopo la morte della madre ha dovuto crescere il fratellino Kolja, mentre il
padre Michail, scrittore inviso al regime, si è lasciato sprofondare nella depressione. Quando, in
settembre, Leningrado viene accerchiata dai carri armati tedeschi, nessuno può immaginare che sia
l’inizio dell’assedio più cruento ed estenuante che la Storia ricordi. Mentre Anna lotta disperatamente per
la sopravvivenza dei suoi cari, due persone trovano rifugio in casa sua: Marina Petrovna, un’affascinante
attrice di teatro che in passato è stata l’amante di Michail, e Andrej, un giovane medico siberiano
innamorato di Anna

Le due storie d’amore s’intrecciano, mettendo a confronto due mondi e due generazioni, mentre l’inverno avanza impietoso e la città isolata è drammaticamente a corto di viveri. Gli assediati si trovano costretti a sacrifici ed espedienti estremi, come bruciare i mobili e i libri per resistere al gelo o masticare cuoio per ingannare i tormenti della fame. Sospettano gli uni degli altri, si mettono in fila per ore con il miraggio di un pezzo di pane. Superare l’inverno e preservare la propria umanità in mezzo a una disperazione che rende bestiali è la sfida che ciascuno si trova ad affrontare.

Mentre la tragedia collettiva mette a nudo il nocciolo più intimo e profondo di ognuno, Anna si aggrappa a ciò che rende la vita degna di essere vissuta: i ricordi, le speranze, la poesia, la determinazione incrollabile a
salvare il fratello. E sogna il lago Bajkal e i cieli della Siberia, che un giorno Andrej le farà conoscere…


Grande romanzo storico e toccante storia dei sentimenti, “L’assedio” rivela la straordinaria capacità
narrativa di Helen Dunmore
, che ha saputo dar vita alla figura di una vera eroina, coraggiosa e tenera, e
a un dramma familiare che scava nell’animo dei personaggi rendendoli emblematicamente universali.

Non morrò tutto…” Aleksandr Puškin

Anna è una persona pratica. Da quando sua madre è morta di parto dando alla luce suo
fratello Kolja si è fatta carico del sostentamento della famiglia. Ha dovuto lasciare gli studi dopo il tragico
evento, di giorno lavora come assistente in un asilo e per il resto si occupa delle esigenze pratiche del
fratellino e del padre.


Anna è giovane e insicura, rimpiange di non aver potuto prendere un diploma e di non aver continuato a
studiare pittura, nella consapevolezza di avere un talento che non è riuscita a mettere completamente a
frutto. Non si sente all’altezza dei genitori, due intellettuali che in gioventù hanno creduto nel sogno della
Rivoluzione e che hanno cercato di migliorare il mondo per chi fosse venuto dopo di loro. Allo stesso
tempo è contenta di non far parte dell’intellighenzia russa come i genitori perchè è cosciente del
sospetto, alimentato dal governo, che suscitano nel resto dei suoi concittadini, fieri di essere proletari al
servizio della Nazione e non dei possibili critici dell’apparato statale.


Anna è forte e non sa di esserlo. Si comporta come una madre con il fratellino anche se non aveva
nessun desiderio di interpretare quel ruolo in così giovane età. E’ energica, prende continue decisioni
pratiche per sé e per il resto della famiglia, così, quando lo spettro della guerra comincia ad incombere
su di loro, esterna un istinto di sopravvivenza tale da divenire in breve tempo il punto di riferimento di tutti
coloro che la circondano. Senza di lei nessuno di loro sopravviverebbe.


Anna è sospettosa ma decide ugualmente di accettare in casa due persone che in breve tempo si
uniscono alla famiglia e che danno un contributo fondamentale alla sopravvivenza di tutti.

La prima è Marina Petrovna, un’attrice famosa tempo addietro che esprime ancora un misterioso magnetismo e di cui lei intuisce lo strano rapporto d’affetto nei confronti del padre. La seconda è il giovane medico Andrej
che conosce quando questi le porta la notizia del ferimento del padre e con cui scatta un immediato
colpo di fulmine.
Questa giovane donna, coraggiosissima nonostante le proprie insicurezze, mostra appieno le sue vere
qualità proprio quando il dramma si srotola sotto gli occhi di tutta la popolazione di Leningrado. Il suo
istinto di autoconservazione la porta a combattere con le unghie e con i denti, nonostante la
consapevolezza che il fallimento sia sempre dietro l’angolo. Non si dà mai per vinta perché ha sempre
davanti agli occhi il suo obiettivo principale: far sopravvivere il fratellino Kolja.


Guarda con pietà ma senza vittimismo il corpo che di giorno in giorno appassisce per colpa della fame,
che invecchia velocemente, si infossa, si degrada e perde le forze. E nonostante questo combatte. Non
sa se ce la farà ma combatte.


Crede di non essere un intellettuale ma, a mano a mano che il freddo e la fame manifestano tutta la loro
crudeltà, si trova ad avere le idee sempre più chiare su cosa conta davvero nella vita. Scopre che le
poesie, che non credeva nemmeno di aver interiorizzato, la aiutano ad andare avanti e a dare un senso
a quello che sta succedendo. La speranza viene dalle cose più insospettabili.


L’assedio” non narra della guerra fatta dai soldati e dalle bombe, ma racconta di ciò che succede alla
popolazione quando si trova come un topo in trappola, in una condizione senza vie di uscita. Ci mostra le varie tappe che conducono verso l’inferno, dove la morte prende il sopravvento a causa del gelo, della mancanza di cibo, di acqua e di speranza.


Ci spiega che la cosa più difficile quando il mondo va’ a rotoli e in cui l’unico pensiero di tutti è la
sopravvivenza, è restare umani. La ferocia e la sopraffazione diventano la normalità e la vera lotta
consiste non tanto nel rimanere vivi ma nel conservare la propria luce interiore. Perché il vero spettro che
si aggira in queste pagine è la consapevolezza di sopravvivere con il corpo ma non con la mente a tanto
orrore.


Helen Dunmore, con la sua prosa chiara e poetica, costruisce un racconto che svela tutta la mostruosità della realtà a poco a poco, come una goccia che continua a cadere nello stesso punto scavando un abisso.

Nello stesso tempo ci mostra come le diverse persone affrontano la stessa tragedia, alcune
facendo emergere il proprio lato inumano, altre lasciandosi andare alla deriva, una parte aggrappandosi
a pensieri luminosi che illuminino tutta quell’oscurità e la facciano arretrare quel tanto che basta per
rimanere vivi e allo stesso tempo umani.


Ritengo che un racconto del genere – L’assedio – possa essere molto utile a noi cittadini occidentali che siamo cresciuti nelle nostre società opulente, abituati a comodità che diamo per scontate ma che così non sono. Ed è proprio a questo che ci servono i libri dopotutto, a fare esperienze e a riconsiderare ciò che veramente siamo e abbiamo, potendo mantenerci ad una distanza di sicurezza.


Ed è giusto farlo adesso, perché anche se alle nostre latitudini queste ci sembrano vicende lontane nel
tempo, ci basta spostare lo sguardo di poco per riconoscere che tutto questo sta ancora avvenendo,
nello stesso modo, solo con persone diverse… Noi vediamo giornalmente ciò che stanno subendo le
popolazioni in guerra, ma tutto il frastuono orchestrato in sottofondo svia la nostra attenzione da ciò che è
veramente essenziale e che non si può nascondere sotto il tappeto: esseri umani assediati, uomini,
donne e bambini che muoiono sì sotto le bombe, ma soprattutto di fame e di mancanza di cure… un
modo più subdolo e inumano di perdere la vita a mio parere.


Questa consapevolezza dovrebbe portarci a riconsiderare ciò che ci aspettiamo da chi ci governa e
pretendere di poter vivere una vita pacifica, libera e dignitosa.


In questa epoca spudorata sento parlare con troppa leggerezza di guerra da diversi politici europei ed
esponenti del potere, come se fosse un argomento come un altro, e non come un punto nevralgico che
può colpire tutti i cittadini che questi stessi sono chiamati a proteggere attraverso le funzioni che
ricoprono.


Penso che gli vada ricordato che, accettando gli incarichi che ricoprono, loro sono al servizio del popolo
che rappresentano, non il contrario. Che non devono trattare la popolazione europea come dei vassalli
fedeli e ubbidienti che accetteranno di buon grado decisioni che ledono la loro vita.

Ai nostri governanti dico, è vostro dovere mettere in campo tutta la diplomazia necessaria per mantenere
il Mondo sano e in pace, fare ogni sforzo possibile per garantire a tutti un’esistenza sicura e degna di
essere vissuta, e se non lo farete vi dovremo considerare dei traditori dei popoli che dite di
rappresentare. Se non ci riuscirete sarà soltanto a causa della vostra inadeguatezza o perché avete un
tornaconto nel cavalcare questi venti di guerra, e sinceramente non so cosa sia peggio tra i due.
Dimostrate di non insultare la vita e datevi da fare per stabilizzare un mondo in pieno fermento. Ce lo
dovete.


Helen Dunmore è autrice di romanzi, racconti, libri per bambini e raccolte di versi. Con “A Spell
of Winter
” (1996) ha vinto la prima edizione dell’Orange Prize. Collabora alle pagine culturali del Times e
dell’Observer ed è curatrice di programmi radiofonici d’arte. In Italia è stato pubblicato un suo libro per
ragazzi, “Toglietemi di torno questi piccoli mostri” (2000).

L’assedio“, uscito in Gran Bretagna nel Settembre 2001 e tra i finalisti al Premio Whitbread per il miglior romanzo dell’anno, sarà pubblicato negli Stati Uniti, in Francia,

Autore

  • Ambra Devoti

    Ambra Devoti, nata a Piacenza nel 1984. Ha frequentato il liceo artistico nella sua città natale per poi trasferirsi a Firenze dove si è laureata all'Accademia delle Belle Arti. Appassionata di cinema, musica, arte e letteratura, assolutamente indispensabili per vivere una vita degna di essere vissuta

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