Nel frenetico mondo delle novità editoriali, delle presentazioni dei nuovi titoli, delle corse all’ultima recensione, c’è un Autore che rimane una garanzia per qualità di storie, scrittura e trasporto umano ed è Maurizio De Giovanni.
Prodigo di dettagli e curiosità e sempre generoso nel condividere il suo mondo narrativo, dove una folla di personaggi diventati iconici, incanta, da anni, milioni di lettori; incontriamo Maurizio De Giovanni in occasione dell’uscita di Volver, terzo e ultimo volume del tango della serie dedicata al Commissario Ricciardi.
Volver è un romanzo intimo, denso di attese e ritorni, che traccia un confine netto, oltre il quale il Commissario Ricciardi non potrà andare.
Siamo nel 1940, alle porte della Seconda Guerra Mondiale, tutto è ancora in bilico, tra la tragedia e la salvezza e ogni personaggio si muove attonito tra le righe, ancora nessuno ha percepito la vera portata della catastrofe, ma cominciano ad arrivare i primi segnali …
Maurizio: «La presenza della guerra io l’ho sentita scrivendo, ma nel 1940 la guerra era ancora un fatto lontano, per la gente era ancora una cosa lontana, anche se c’erano i figli, i mariti al fronte, non c’era la prossimità del pericolo, non c’erano le bombe, le sirene e questa cosa mi ha rassicurato.
Spaventosamente, ho trovato molte cose della nostra contemporaneità: la paura della guerra, il timore per un futuro prossimo, un certo tipo di toni… la chiamata all’orgoglio a fronte di una situazione di povertà.
Gli anni Quaranta sono carichi di oscurità: la borsa nera, il contrabbando, l’aumento dei prezzi indiscriminato, anche alla borghesia era preclusa la carne, la frutta, i vestiti…questo sentimento di povertà l’ho trovato molto attuale.»
Il sentimento sociale pre-bellico, che traspare in Volver, mostra il tessuto connettivo di cui è fatto il popolo dei quartieri, un impasto emotivo fatto di secoli di sopravvivenza, il tutto rappresentato in una parte dialogica davvero significativa, tra il brigadiere Maione e Bambinella, personaggio che sa essere nel posto giusto al momento giusto.
“Mi domando se facciamo bene ad accettare quello che sta succedendo, senza far niente... (Maione) ...
Bisogna solo aspettare. E cercare di sopravvivere, per arrivare dall'altra parte della tempesta. (Bambinella)”
Bambinella, il prezioso informatore di Maione, porta con sé una pagina di storia unica al mondo: il contributo di tutti i femminielli dei “bassi” (piccole abitazioni al pianterreno), che durante le quattro giornate di Napoli nel 1943, hanno imbracciato i fucili e combattuto assieme al resto dei napoletani per liberare la città dai nazisti.
Diversi i punti di riflessione che emergono da Volver e tutti tendono a concentrarsi su Ricciardi e sull’impatto che la Guerra avrà su di lui.
Maurizio: «Ho capito con chiarezza che Ricciardi vive in un presente tutto suo. La chiave dei libri di Ricciardi è il fatto che lui vive il suo tempo, non il mio. Un esempio è il fatto che Ricciardi non sia apertamente anti-fascista, comportamento che all’epoca era condiviso dalla maggioranza delle persone, semplicemente non si ponevano il problema del fascismo, non erano consapevoli delle implicazioni future. Ricciardi si occupa di altro, di salvare la sua famiglia, andando in Cilento, prima di tutto.
Per questo ho detto che Ricciardi non deve sapere cosa l’aspetta, perché se glielo dicessi diventerebbe consapevole del futuro e per il Commissario quel futuro è il peggiore che si possa mai immaginare.»
Affrontiamo subito con Maurizio questo dilemma: rivedremo il Commissario Ricciardi? finita la Guerra, periodo in cui è impossibile immaginare la quotidianità del Commissario, data la sua terribile vicinanza con il regno dei morti, potremmo incontrarlo di nuovo?
Maurizio: «Allora, di sicuro racconterò ancora Marta, che doveva solo essere un regalo a Ricciardi per il suo futuro, invece man mano la sua presenza è diventata sempre più importante e ho ancora molta voglia di raccontarla. Ricciardi potrebbe in effetti non comparire più. Il problema non è tanto il personaggio, ma il Paese. Racconterò gli anni Cinquanta, Sessanta e non so se ci sarà Ricciardi»
È qui che s’intravede quella che è l’eredità del Commissario Ricciardi: Marta e quel “dono” che si rivela in Volver grazie a zia Filomena. È la prima volta che Marta ascolta consapevolmente e si può facilmente associare Zi’Filumena e la storia che le racconta, nel suo modo decisamente alternativo, al primo morto che ha visto Ricciardi.
«Marta è molto più rapida ad accettare la realtà di Ricciardi, il suo dono apre uno spiraglio nella stanza buia dove sono le persone che non possono parlare, quindi il suo è un potere salvifico. Marta non può raccontare ciò che vive e chi parla con lei sicuramente non può rivelare questa comunicazione straordinaria.
Per questo mi piace raccontare il futuro di Marta e ho già in mente quale sarà il suo lavoro e le vicende che la vedranno nella stessa situazione del padre…Marta inverte i termini del giallo, perché invece di capire chi è stato, noi lo sappiamo già, dobbiamo solo trovare il modo si dimostrarlo…»
Si mostra sempre più la potenza autonoma e ribelle della scrittura di de Giovanni, dove la fisicità dei suoi personaggi travalica le intenzioni narrative dell’autore: «Io sono stato sorpreso dalle azioni dei miei personaggi»
«Io sono creativo solo nel momento in cui dispongo le forze in campo, come un allenatore di calcio, metto tutti in campo e poi io sto solo a guardare … le cose vanno sempre in modo diverso da come le avevo pensate.»
«Con Ricciardi ho un bellissimo rapporto di amicizia, con il rispetto delle reciproche diversità, lui mi racconta delle storie che io ascolto, non saprei raccontare Ricciardi senza una storia, come con Livia per esempio, perché di Ricciardi racconto quello che mi dice lui, non sono io a raccontare Ricciardi.
In Africa si dice che per crescere un bambino ci vuole un villaggio, detto che si può trasporre al tuo mondo narrativo, un mondo fatto di tantissimi protagonisti, molti li seguiamo da tanto tempo, crescono con te e con i lettori, sono davvero poche le storie minime; quindi per fare De Giovanni ci vuole una folla di Personaggi?
«È verissimo quello che hai detto, infatti io racconto le interazioni, non racconto le solitudini. Io racconto la mia città, Napoli è fatta così, qui non c’è silenzio e non c’è privacy. Sia la privacy che il silenzio sono due elementi della solitudine e qui non ci sono. Non ritengo che la solitudine sia negativa, penso che sia un grande momento di introspezione, creativo, di crescita personale.
È come quando devi fare una foto: fai un passo indietro per inquadrare il panorama, non il dettaglio; per me la solitudine è quel passo indietro. Utilissima, fondamentale, ma io non la so raccontare la solitudine o perlomeno la racconto con difficoltà, anche quando ho scritto per esempio L’equazione del cuore, che è un libro che racconta delle solitudini, le racconto nel momento in cui si sgretolano. È il processo di auto-distruzione della solitudine, quindi quando diventa una relazione.
C’è una frase di Bambinella che condensa il sentimento umano della narrativa di Maurizio De Giovanni:
“- Brigadie' io infatti non esco più dal quartiere. Qua sto tranquilla credetemi. E se qualcuno di qua sopra dovesse denunciarmi, allora mi possono pure venire a pigliare, perché in un mondo così non ci vorrei campare più.”
«Bambinella rappresenta questo, lei è una relazione umana. Lei sa tutto, perché glielo raccontano, ascolta i racconti degli altri e poi lo riferisce, è un tessuto connettivo, un portatore di informazioni da una parte all’altra.»
Maurizio De Giovanni cos’è senza Ricciardi ?
«Io ho cominciato a scrivere con Ricciardi.. non ti saprei dire da dove viene, né ti saprei dire dove va… ma sono molto orgoglioso di dirti che Ricciardi non mi somiglia affatto.
Penso che moltissimi scrittori raccontino se stessi attraverso i personaggi, io no…negli ideali, nel modo di fare, ho qualcosa di Maione e di Modo, ma pochissimo di Ricciardi. Sono fierissimo di essere uno scrittore che racconta altre storie, le vite degli altri, Mina, Sara, Ricciardi… mi assomigliano pochissimo e io sono felice di averli incontrati così li posso raccontare. Perciò mi sorprendono e fanno cose che non mi aspetto.»
Ringrazio Maurizio De Giovanni per la sua gentilezza e disponibilità e Stefano Jugo per Einaudi editore.