Un animale selvaggio di Joël Dicker: un romanzo che suscita opinioni contrastanti. ilRecensore.it vi offre due punti di vista
SINOSSI
2 luglio 2022, due ladri stanno per rapinare una importante gioielleria di Ginevra. Ma questo non sarà un colpo come tutti gli altri. Venti giorni prima, in un elegante sobborgo sulle rive del lago, Sophie Braun sta per festeggiare il suo quarantesimo compleanno.
La vita le sorride, abita con il marito Arpad e i due figli in una magnifica villa al limitare del bosco. Sono entrambi ricchi, belli, felici. Ma il loro mondo idilliaco all’improvviso s’incrina. I segreti che Arpad custodisce cominciano a essere troppi perché possano restare nascosti per sempre. Il loro vicino, un poliziotto sposato dalla reputazione impeccabile, è ossessionato da quella coppia perfetta e da quella donna conturbante. La osserva, la ammira, la spia in ogni momento dell’intimità. Nel giorno del compleanno di Sophie, un uomo misterioso si presenta con un regalo che sconvolgerà la sua vita dorata. I fili che intrappolano queste vite portano lontano nel tempo, lontano da Ginevra e dalla villa elegante dei Braun, in un passato che insegue il presente e che Sophie e Arpad dovranno affrontare per risolvere un intrigo diabolico, dal quale nessuno uscirà indenne. Nemmeno il lettore.
RECENSIONE di Ambra Ravalico
Titolo alternativo: “Un animale selvaggio”… quando i soldi e la voglia di adrenalina creano dipendenza.
“Ma cosa ci lega a queste esistenze che passiamo chiusi in un ufficio, aspettando qualche vacanza qua e là, elemosinando un aumento, quando potremmo vivere al sole e stare tutti i pomeriggi in spiaggia?
In fondo, credo che preferirei guadagnare di meno, accontentarmi di meno, ma essere più libero.“
Nizza e Londra e Saragozza e Toscana e Saint Tropez e soprattutto Ginevra.
Due famiglie con due figli entrambe: la prima, i Braun, di classe molto agiata, vive nella Casa di vetro, una magnifica villa nascosta nel bosco;
poi l’altro nucleo, i Liégean, che abitano nell’Obbrobrio, un contesto di villini inseriti nel lusso svizzero con il risultato dissonante e fastidioso ai più.
Per Karine e Greg Liégan, i Braun, sono una dura prova di confronto, e si sa che spesso:
l’erba del vicino è sempre più verde.
D’altronde accade anche che il fascino dei soldi renda più affascinanti anche i soggetti che li possiedono! Non siate ipocriti: è così!
In fondo in fondo, e in sostanza, tutto ruota attorno al mood di vita, al tenore di quest’ultima e al fatto di accondiscendere in un mondo di ipocrisie e apparenze.
Non sappiamo più cosa vogliamo o non sappiamo più accontentarci ed essere grati di ciò che abbiamo?!? Felici in un Obbrobrio oppure infelici nella Casa di vetro?
Tutto questo potrebbe sembrare futile e superficiale, una narrativa d’intrattenimento, una dinamica già vista e sentita. Rimane da riconoscere, che per quanto ci possa dar fastidio ammetterlo, la probabile scelta dell’autore sia stata quella di sacrificare il suo lato thriller per donarci una storia più noir, quotidiana, reale e di conseguenza più vera.
Infatti lo scrittore svizzero ha scelto di puntare un faro su tematiche decisamente sociali che interpellano e inchiodano molti di noi: la perdita di valori e autostima, l’apparenza al primo posto, facendoci nascondere quello che siamo e soprattutto celando segreti piccoli o grandi che inevitabilmente e praticamente tutti possediamo.
Le due famiglie attorno alle quali tutto ruota, e l’intero cast di personaggi, ci raccontano la loro storia e ci legano a sé per più di 400 pagine, scorrevoli come un treno, ricche di colpi di scena tali da incuriosirci e legarci dall’inizio alla fine.
Un animale selvaggio propone una storia sicuramente intrigante, meritevole di racconto per tutti i meccanismi sociali che menziona e accenna, più o meno in profondità.
La scorrevolezza appunto, tratto tipico della penna di Dicker, permette l’appagante esperienza di lettura tutta d’un fiato; però, le discussioni, le analisi che questo romanzo possono indurre sono moltissime, sia a livello familiare ma soprattutto individuale e di coppia, tali da farci riflettere anche dopo.
D’altro canto, l’animo umano nasconde dei lati oscuri sempre affascinanti su cui meditare, e prendendo le vostre giuste pause di riflessione personale, sicuramente Joël Dicker vi pungolerà a puntino!
Ci sono dei tratti poco convincenti?
“Un animale selvaggio” piacerà?
Senz’altro farà parlare di sé, nel bene e nel male; chissà forse nell’attesa di una sceneggiatura per dar volto comune a Sophie, Arpad o al personaggio che vi darà più fastidio, perché posso assicurarvi che avrete l’imbarazzo della scelta.
Più debole invece in queste pagine l’aspetto empatia. Le varie personalità rimangono un po’ troppo in superficie, anche nelle scelte più intime ed importanti; anche o come in quello sfuggente episodio di poche righe tra Arpad e Julien, che pone la vera amicizia in una posizione d’evidente importanza donandole il potere salvifico, sempre se accolto a scapito del nostro orgoglio.
Proprio quell’orgoglio, quell’invidia, quella lussuria e tutte le nostre pulsioni che ci distruggono, mentre noi siamo impegnati ad apparire.
“Il rapporto di coppia, in fondo, è quello che si ha di più importante. I figli occupano meno spazio di quanto si pensi. Lo si capisce quando lasciano il nido.“
Probabilmente è far arrivare questo messaggio, l’obiettivo principale del libro, quel bivio, quella scelta tra responsabilità e voglia di libertà.
Quanto in fondo siamo animali? E quanto animali selvaggi? Possiamo plasmare la nostra natura?
“Bisogna diffidare degli animali feriti.
È il momento in cui sono più pericolosi.”
Oltre al suo racconto “La tigre”, questa è la settima opera dell’autore, in cui riafferma il suo timbro letterario.
Chi si appresta ad acquistare o a leggere il nuovo lavoro del “padre di Harry Quebert” potrà ritrovare il tratto che lo identifica nel vasto mondo della scrittura contemporanea.
Una trama incalzante e magnetica che non lascia respiro, il ritmo è sostenuto e costante durante tutta la narrazione, peccato che nonostante l’elevata suspence risulti manchevole sul versante emotivo.
Come Sophie, la figura femminile principale: bella, scaltra e intelligente ma ahimè difficile da raggiungere nel profondo, in modo da renderla incapace di commuoverci… un vero peccato!
Sicuramente un buon romanzo, ottimamente strutturato e magistrale nei tempi narrativi, in cui tutto torna e combacia rendendo la lettura molto godibile.
Credit: citato come omaggio “Il maestro e Margherita”
RECENSIONE di Sharon Lattanzi
Vi avverto, cari lettori, non sarà una recensione positiva.
Jöel Dicker ci presenta un romanzo che del thriller ha solo il ricordo, una piccola sfumatura che per gli appassionati del genere potrebbe risultare quasi una presa in giro. Siamo davanti al classico caso dove la fama dell’autore precede la sua bravura.
Partiamo per gradi e vediamo cosa non va.
Le due famiglie, protagoniste del romanzo, sono l’una l’opposto dell’altra. La classica dicotomia ricco/povero è ciò che viene sottolineato quasi in ogni pagina, portando il lettore all’esasperazione. Oltre a questo, ci ritroviamo davanti a dei personaggi piatti, privi di quella minima caratterizzazione che permette di entrare (in qualche modo) in empatia con loro, non sono strutturati ma solamente mossi da sentimenti primordiali.
Va bene, stiamo parlando di “un animale selvaggio” ma a tutto c’è un limite. Non si può affrontare un romanzo del genere, catalogato oltretutto come thriller, senza provare almeno la minima empatia. Neanche per “le vittime”.
A mano a mano che si va avanti con la lettura ci si rende conto di come gli eventi si andranno a sviluppare, andando così a scoprire i possibili colpi di scena che l’autore ha cercato di costruire intorno ad una storia priva di suspence, mistero e adrenalina. Tutti ingredienti che non possono mancare in libri del genere. Manca la percezione del pericolo e quel batticuore che il lettore è solito provare affrontandoli.
Nonostante questo, ci sono alcuni elementi che potrebbero inquietare un giovane lettore volto a cimentarsi per la prima volta nel thriller (anche se, ripeto, thriller non è). Lanciamo una lancia a favore di Dicker. Gli elementi ai quali ho accennato sono pochi, però, effettivamente, potrebbero sconvolgere la vita quotidiana di chiunque. L’essere spiati, vivere in una grande bugia e accorgersi di non conoscere chi hai accanto non è il massimo. Ma non basta per far sì che l’opinione cambi.
Ora, passiamo un attimo alla narrazione. Il libro presenta continui sbalzi temporali che, nemmeno a dirlo, non fanno altro che confondere il lettore. Presente e passato si alternano in un modo così veloce che non si ha nemmeno il tempo di capire che cosa sta effettivamente succedendo. Anche se non siamo in presenza di buchi di trama (e questo è sicuramente un punto a favore) non vuol dire che il lettore debba sentirsi in una macchina del tempo. Mettendo in atto questa tipologia di narrazione (in maniera repentina, senza respiro) si mette, chiunque legga, in difficoltà. Si perde il filo del discorso, il senso di ciò che si sta leggendo.
L’istinto che muove, in particolare, uno dei personaggi (non svelo chi per non fare spoiler) si può catalogare sì, come primordiale, ma mosso da una banalità assurda.
Tutti noi abbiamo bisogno di compiere quella piccola azione per stare bene, per sentirci in pace con sé stessi. È vero. Ma, quando si vuole comunicare un messaggio ben preciso, non ci si può costringere nel “è così a prescindere”, bisogna anche spiegare il perché. Non basta porre sul piatto la famosa voglia di adrenalina, vi deve essere un fattore scatenante volto a giustificare l’azione. In caso contrario, stiamo parlando di un assioma.
Un altro punto dolente, ahimè, è rappresentato dalla parte romance che aleggia continuamente sulla trama de Un animale selvaggio.
Non sto affermando che in un thriller non vi debba essere la presenza di un amore ma, quando questo cerca di sovrastare (riuscendoci anche molto bene) la narrazione principale, allora stiamo cambiando genere. Va bene inserire qualche elemento qua e là ma ridursi ad uno scambio elementare di battute romantiche mi sembra inopportuno.
Va bene, va bene, la smetto.
Passiamo al messaggio principale dell’intera narrazione. Se dovessi riassumerlo in una frase direi: non è tutto oro quello che luccica.
E forse, è proprio così. Come ho scritto all’inizio, siamo in presenza di due famiglie completamente opposte. La ricchezza e la povertà non determinano una possibile felicità materiale (o spirituale, nel secondo caso).
Conta ciò che siamo. Come siamo. Quello che facciamo. Non l’apparenza.
Ed è proprio questo il fulcro. Da entrambe le parti, troviamo la voglia di essere ciò che non si è o, comunque, il tentativo di esserlo. Ma, come sappiamo bene, non si può trasformare un lupo in un agnello.
Insomma, mi sento di consigliare Un animale selvaggio? No.
Purtroppo mi ha delusa su tutti i fronti, non c’è stato un attimo nel quale abbia pensato che fosse un bel libro. Detto questo, lascio a voi la scelta di leggerlo o meno.
TITOLO: Un animale selvaggio
AUTORE: Joël Dicker
EDITORE: La nave di Teseo
GENERE: Thriller
TRADUZIONE: Milena Zemira Ciccimarra
AUTORE
Joël Dicker è nato a Ginevra nel 1985.
I suoi romanzi sono tradotti in 40 lingue e hanno venduto più di 20 milioni di copie.
Ha pubblicato La verità sul caso Harry Quebert (2013, da cui è stata tratta l’omonima serie evento con Patrick Dempsey e la regia di Jean-Jacques Annaud), Gli ultimi giorni dei nostri padri (2015), Il libro dei Baltimore (2016), La scomparsa di Stephanie Mailer (2018), L’enigma della camera 622 (2020), Il caso Alaska Sanders (2022).
Tutti i suoi romanzi sono pubblicati dalla Nave di Teseo.
Ha ricevuto il Prix des écrivains genevois 2010, il Grand prix du roman de l’Académie Française 2012 e il Prix Goncourt des Lycéens 2012.