La crisi della narrazione di Byung-Chul Han 

La crisi della narrazione. Informazione, politica e vita quotidiana

Le narrazioni sono in crisi da tempo.

Da bussole capaci di dare senso all’esistenza collettiva sono ormai diventate una merce come tutte le altre. Ridotte ad ancelle del capitalismo, si trasformano in storytelling e lo storytelling, ormai ubiquo, scade nella pubblicità, nel consumo di informazioni.

L’accumulo di notizie ha preso, insomma, il posto delle storie. Dati e informazioni, però, frammentano il tempo, ci isolano e ci bloccano in un eterno presente, vuoto e privo di punti di riferimento.

A diventare impossibile è la felicità stessa. Perché la vita, con tutti i suoi imprevisti, inciampi, tentativi ed errori, incontra la pienezza solo quando può essere condivisa e tramandata all’interno di una narrazione collettiva.

«Vivere è narrare.

L’essere umano, in quanto animal narrans, si distingue dagli altri animali per il fatto che narrando realizza nuove forme di vita.

La narrazione ha la forza del nuovo inizio.

Lo storytelling, di contro, conosce solo una forma di vita, quella consumistica»

Il potere della narrazione e gli effetti che ha sulla nostra società è una tematica che risorge dalle ceneri del dibattito filosofico sul post-umanesimo e si sviluppa ai margini della discussione sulle conseguenze della digitalizzazione estrema.

Studi di psicologia cognitiva mirano a dare concretezza scientifica alla capacità empatica che il lettore seriale sa affinare, lettore che tramanda narrazioni e parole che vivono oltre il limite temporale di una storia o un like su Instagram.

Non solo, numerose ricerche scientifiche concordano sul fatto che la letteratura sia necessaria per creare una solida coesione sociale. 

Ed è in questo contesto che si inserisce La crisi della narrazione, saggio di Byung-Chul Han

Filosofo pop conosciuto e apprezzato a livello internazionale, Byung-Chul Han incarna alla perfezione lo Zeitgeist emotivo del nostro tempo.

Celebre la sua teoria della società “trasparente” e la critica al narcisismo umano tipico dell’attuale neoliberismo; teorie che trovano un ampio seguito, anche tra le fila di chi è meno aduso al linguaggio filosofico. 

L’arte del narrare, la capacità di tramandare miti e saggezze antiche che creano il senso di appartenenza e coesione, la bellezza di quel “tempo sospeso” in cui tutto è puro incanto, sta annegando nel vuoto narrativo dello storytelling.

La crisi della narrazione ripercorre e attualizza l’opera di Walter Benjamin (1892-1940) sui temi della letteratura post-moderna e ne estende le implicazioni mettendo in luce la disfunzionalità intrinseca nell’utilizzo dei Social.

Dal racconto: ricco di pause, intriso di allusioni, in un mondo che sa ascoltare e dove la noia è il punto più alto di distensione spirituale, arriviamo all’informazione, che ci illude di conoscere la realtà, nascondendoci le deformazioni e ci rende schiavi di un algoritmo che tritura tutto nello spazio di un like.

«Noi ormai percepiamo la realtà, in primo luogo, in risposta alle, oppure attraverso le informazioni…ma l’immediata esperienza del presente viene distorta»

La crisi della narrazione -

L’informazione ci àncora al presente, al momento, negandoci una narrazione che ci faccia intravedere un futuro. 

Tutto si risolve nel “presto e subito”.

Un’informazione non ha in sé il concetto del futuro, non presuppone saggezza e mito, un’eredità umana che si è tramandata di generazione in generazione attraverso migliaia di leggende e storie orali e scritte.

«Il tempo si contrae nello stretto binario dell’attualità cui mancano l’estensione e la profondità»

L’atrofia del tempo.

Vivere nel presente, rincorrendo un’informazione dietro l’altra, significa cristallizzare il tempo nell’istante attuale, cancellando la possibilità di lasciare una traccia per il futuro. 

Tutto si consuma in un attimo, nulla resta e conta solo il momento.

Da qui nasce l’angoscia tipica del nostro tempo, dovuta alla forte instabilità dei nostri modelli comunicativi e relazionali.

Instagram ti invita a condividere Stories che hanno la durata di 24H, generando così un peculiare effetto psicologico: da un lato c’è la sensazione di precarietà, dall’altra la subdola compulsione a postare sempre di più.

Quanto è lontano quell’essere temporale appollaiato sul passato immaginato da Proust.

Il phono sapiens crede che sia tutto un gioco, in realtà trasferisce la sua vita in un accumulo di dati che vengono raccolti per sorvegliarlo, governarlo e sfruttarlo meglio.

La Nausea di Sartre

Riprendendo i classici della letteratura, Byung-Chul Han trova le basi che sostengono le travi del suo pensiero, da Proust a Sartre, da Baudelaire a Konrad.

La contingenza del mondo e la sua mera fatticità suscitano in Roquentin, protagonista de La nausea di Sartre, una nausea terribile che riesce a dominare solo nel momento in cui decide che per dare senso alla vita, l’unico modo è raccontarla.

Solo narrandola l’esistenza acquista un ritmo fluido, comprensibile, una coesione di eventi ed emozioni che si elevano al di sopra della nudità di una vita priva di senso. 

È nel racconto che “essere-al-mondo” diventa “essere-a-casa”.

La vita nuda del phono sapiens è scandita dai continui Selfie che servono a coprire il silenzio di un vuoto interiore.

«Chi narra si immerge nella vita e tesse al suo interno nuovi fili tra gli eventi. Tutto appare significativo. Ed è proprio grazie alla narrazione che sfuggiamo alla contingenza del vivere»

Il concetto di “mémoire involontaire” di Proust, quel momento in cui un ricordo si fa motore di un racconto, diviene un cluster narrativo fondamentale ne La crisi della narrazione

Proust mette in relazione e tesse fili temporali tra eventi distanti nel tempo consegnando al lettore una narrazione che potrà tramandare, che resta e che presuppone una profonda introspezione.

Ora siamo nell’era del disincanto, un’epoca post-narrativa priva di qualsiasi introspezione, dove non si prova più il brivido della scoperta, perché è tutto palese, tutto in mostra e questo annulla la tensione dialettica che sta alla base di ogni racconto.

Da Baudelaire Byong-Chul Han riprende il senso di shock che la modernità portava con sé. 

Shock che traghettato nell’era digitale viene schermato dal monitor di uno smartphone, distorsore per eccellenza, edulcorante sociale.

Tra social e Netflix, che ci propone abbuffate di serie TV, la realtà ci appare nella sua versione più destrutturata e innocente.

Così come l’arte, che ci propone immagini semplici proprio perché non siamo più in grado di “contemplare”.

Simbolo per eccellenza dell’American way of life, o meglio una critica alla sua propensione consumistica, è l’opera di Jeff Koons

Jeff Koons -

Dai classici della letteratura ai grandi filosofi di un tempo, la forma narrativa è sempre stata in grado di farci comprendere il mondo, i suoi Dei, i nostri demoni e i confini dell’anima. 

Come ogni teoria filosofica, anche questa di Byong-Chul Han va guardata da lontano e contestualizzata per riconoscerne le lacune e le potenzialità.

La demonizzazione della società neoliberista risente di una visione estremamente minimalista dell’esistenza, per contro, soprattutto da lettrice seriale, cresciuta All’ombra delle fanciulle in fiore, riconosco la grande verità emotiva e sociale insita nelle storie narrate per restare e non per riempire uno spazio commerciale.

Le storie ci raccontano e servono come grimaldelli per comprendere una realtà che rischia di sfuggirci di mano, troppo distratti a mettere un like o un effimero post. 

Per ultimo l’accento ne La crisi della narrazione si pone sul potere curativo del racconto. Ed è qui che il divario tra la frenesia dello storytelling, che degrada ogni parola a merce di scambio, e la narrazione diventa incolmabile.

Ogni pena può essere sopportata se la si narra, o se ne fa una storia

Isak Dinesen

Byung-Chul Han, nato nel 1959 a Seoul, ha studiato a Friburgo e Monaco di Baviera. È stato professore di Filosofia e Studi culturali presso la Universität der Künste di Berlino.

I suoi libri sono stati tradotti in diverse lingue. In Italia sono usciti per nottetempo: La società della stanchezza (2012), Eros in agonia (2013), La società della trasparenza (2014), Nello sciame. Visioni del digitale (2015), Psicopolitica (2016), L’espulsione dell’Altro (2017), La salvezza del bello (2019), Che cos’è il potere? (2019), Topologia della violenza (2020).

Per Einaudi ha pubblicato La società senza dolore. Perché abbiamo bandito la sofferenza dalle nostre vite (2021 e 2022), Le non cose. Come abbiamo smesso di vivere il reale (2022 e 2023), Infocrazia. Le nostre vite manipolate dalla rete (2023) e La crisi della narrazione. Informazione, politica e vita quotidiana (2024).

Autore

  • Patty

    Socia fondatrice della Rivista ilRecensore.it SEO Content Creator, traduttrice, Blogger e firma di interviste e recensioni su vari siti letterari. Cresciuta a Goethe e cioccolata, ho trascorso gran parte della vita tra l’Italia, la Germania e la Francia, apolide nel Dna tanto quanto nel Pensiero. Gli studi classici prima e Scienze Politiche poi, hanno sviluppato il mio senso critico, sfociato poi nella mia vita da BookBlogger. Sono sempre in cerca della storia perfetta. In borsa porto Joyce e Jackson, le penne che compro in giro per il mondo e tanta passione.

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